LA CALABRIA TRA LE REGIONI PIÚ POVERE D´EUROPA
I contraccolpi della recessione hanno colpito duramente la Calabria. A certificarlo i dati emersi dal report di Eurostat che segnala come tra il 2006 e il 2014 (gli anni più duri della crisi finanziaria) la nostra regione ha perso diversi punti di Prodotto interno lordo pro capite: passando dalla media di 17.145 euro per cittadino a 16.100 euro.
Una flessione che porta la Calabria a toccare uno dei picchi negativi peggiori d'Italia e soprattutto collocare la nostra regione tra le più povere d'Europa. Il tenore di vita dei nostri concittadini è appena superiore a quella dei residenti in Romania e inferiore a quella dei polacchi. Dimostrando come la crisi non ha colpito nello stesso modo tutte le regioni europee. Visto che in altre aree d'Italia hanno tenuto la media di crescita delle zone più ricche del Vecchio Continente. Fra tutte Lombardia che in questo periodo ha viaggiati all'unisono con le aree più floride della Germania, mentre il Piemonte è appena al di sotto della media francese. Così mentre la Calabria, come altre regioni del Sud come la Campania la popolazione si è trovata ad avere una capacità di spesa del tutto simile alle aree più povere di Grecia, Spagna, Portogallo ma anche della Bulgaria, della Romania e della Croazia (cioè stati che hanno beneficiato dell'ingresso nell'Unione da pochi anni), nello stesso periodo di crisi in nostri connazionali che vivono in altre regioni d'Italia hanno vissuto a tutt'altro ritmo.
Un segnale, se vogliamo, l'ennesimo di come non abbiamo saputo usufruire delle ingenti risorse provenienti dall'Europa proprio per uscire dal livello di emarginazione in cui la Calabria da anni è costretta. Ma al contrario la nostra regione ha continuato a precipitare ancor più in basso nella classifica delle aree più ricche del Continente.
LA MADRE ERA MORTA MA LEI INCASSAVA LO STESSO LA PENSIONE
Per diversi anni aveva continuato a incassare la pensione della madre deceduta, accumulando una cifra percepita indebitamente pari a 75.000 euro; per questo motivo era stata condannata in primo grado a otto mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali.
Ora per la signora Z.C., 57 anni, residente in un comune della Piana di Gioia Tauro, nel Reggino, è scattato il sequestro dei beni.
Ad eseguirlo sono state le Fiamme Gialle del Gruppo Gioia Tauro che hanno dato corso a un'ordinanza di sequestro preventivo "per equivalente" emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria. Il provvedimento di sequestro, emesso per un importo pari alla somma percepita indebitamente , è stato attuato a seguito di indagini patrimoniali e finanziarie ed ha riguardato un fabbricato, 8 appezzamenti di terreno, alcuni dei quali per la sola quota di proprietà posseduta, e diversi conti correnti di cui la persona condannata era intestataria.
CONFERMATA IN APPELLO LA PENA PER UN PRETE ED UNA SUORA PER FALSA TESTIMONIANZA
Conferma della condanna ad un anno di reclusione con la sospensione della pena ; è questo il giudizio emesso dalla Corte d’appello di Reggio Calabria nei confronti dell’ex parroco di San Martino di Taurianova, don Antonio Scordo, e di una religiosa, suor Mimma Rizzo, originaria di Taranto, accusati di falsa testimonianza nell’ambito del processo a carico di un gruppo di giovani di San Martino di Taurianova colpevoli di avere violentato più volte Anna Maria Scarfò, sin da quando aveva 13 anni.
Secondo l’accusa, il sacerdote e la suora, nel corso del processo ai violentatori, avrebbero detto il falso in merito a quanto avevano saputo dalla ragazza sulle violenze. Tesi contestata dall’avv. Antonio Napoli, che insieme al collega Guido Costabile difende il sacerdote, che ha preannunciato ricorso in Cassazione. Secondo il legale, il suo assistito era stato sentito nel processo agli appartenenti ad un secondo branco che aveva violentato la giovane in epoca successiva alle confidenze raccolte dalla stessa ragazza.
11 CHILOMETRI CON LA MANO ATTACCATA AL FINESTRINO DELL´AUTO
Percorre undici chilometri di strada statale 106, trascinando sul cofano anteriore della propria auto l'ex convivente della sua compagna. E' accaduto a Strongoli, in provincia di Crotone, dove i carabinieri hanno arrestato per tentato omicidio un 54enne cirotano.
Protagonisti della vicenda una donna, il suo compagno e l'ex convivente di lei. I tre si sono incontrati per gestire alcune questioni familiari e, dopo aver discusso animatamente, l'ex fidanzato della donna si è scagliato sull'auto della ex e del suo attuale compagno per impedirne la fuga.
Nella concitazione del momento, una mano dell'uomo è rimasta chiusa tra lo sportello ed il montante dell’auto, rimanendo così intrappolato sul cruscotto. La coppia, nonostante tutto, ha proseguito la corsa con l'auto mettendo a repentaglio la vita dell’ex, mentre lui chiedeva aiuto e si lamentava per i forti dolori.
È stata la stessa donna, durante il percorso, a richiedere l’intervento dei Carabinieri, temendo per la propria incolumità. Il malcapitato se la caverà con soli 10 giorni di prognosi, mentre il conducente del mezzo è stato tratto in arresto dai carabinieri con l’accusa di tentato omicidio.
ARRESTATO UN LATITANTE IN SPAGNA. ASPETTAVA I PARENTI IN AEROPORTO
La polizia di stato della squadra mobile di Roma, del servizio centrale operativo e personale della polizia iberica, hanno arrestato, all'aeroporto spagnolo di Valencia, in Spagna, il latitante 46enne Antonio Gallace.
Antonio Gallace, considerato tra i vertici dell’omonima famiglia di 'ndrangheta originaria di Guardavalle, in passato aveva operato nel litorale meridionale romano, tra Anzio, Ardea e Nettuno, e nel 2012 era stato condannato in via definitiva alla pena di cinque anni di detenzione dal Tribunale di Milano per estorsione e detenzione illegale di armi, e dallo stesso anno era latitante. A suo carico la Procura Generale della Repubblica presso il Tribunale di Milano aveva emesso un mandato di arresto europeo.
L’uomo era finito nelle indagini sulle attività della 'ndrangheta nell’entroterra milanese, occupandosi del traffico di stupefacente proveniente dalla Spagna e dal Sud America e dove ha gestito personalmente diversi casi di estorsioni contro numerosi commercianti, arrivando a minacciare di morte anche i familiari delle sue vittime.
L’uomo era finito nelle indagini sulle attività della 'ndrangheta nell’entroterra milanese, occupandosi del traffico di stupefacente proveniente dalla Spagna e dal Sud America e dove ha gestito personalmente diversi casi di estorsioni contro numerosi commercianti, arrivando a minacciare di morte anche i familiari delle sue vittime.
Le indagini, coordinate dai magistrati della Dda di Roma e condotte dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in corso da mesi, hanno consentito di accertare che il latitante aveva lasciato l’Italia per rifugiarsi in Spagna.
Grazie alle intercettazioni telefoniche, gli investigatori della Squadra Mobile hanno scoperto che i parenti di Gallace stavano per recarsi in Spagna per festeggiare il compleanno del loro congiunto, previsto per domani. La polizia, in collaborazione con i loro colleghi spagnoli, hanno così organizzato un pedinamento, sia in Italia che in Spagna. Dopo che i parenti di Gallace sono atterrati ieri sera all’aeroporto di Valencia è scattata l’operazione: poco dopo i poliziotti hanno visto infatti arrivare il latitante in aeroporto alla guida di un Land Rover.
Al momento della sua cattura, Gallace - che era in possesso di un documento intestato a un’altra persona - non ha opposto resistenza e si è congratulato con gli agenti. Al termine dell’operazione, il latitante è stato condotto presso gli uffici di Polizia di Valencia e da qui trasferito in carcere.
CONFISCATI BENI PER 45 MILIONI DI EURO
Il personale della Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria e i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Firenze e di Pistoia, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, stanno eseguendo una confisca di beni nei confronti di un imprenditore attivo nel settore della sanità privata calabrese (gestione di case di cura e centri riabilitativi) e in quello immobiliare (attraverso imprese operanti in Toscana ed in Calabria).
I beni appartengono all’imprenditore Armando Raso, di 42 anni, ritenuto esponente di spicco della cosca Piromalli-Molè, operante nella Piana di Gioia Tauro. Con lo stesso provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, è stata disposta nei confronti di Raso la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 3 anni.
La confisca conclude l’attività avviata nel 2013 quando era stato operato il sequestro delle disponibilità dell’imprenditore la cui appartenenza alla cosca era emersa dai procedimenti penali denominati "Porto" e "Tirreno", sfociati nella condanna di Raso, dalla Corte di appello di Reggio Calabria, per associazione mafiosa a oltre due anni di reclusione.
Recentemente Raso, assieme ad altri quattro appartenenti al suo nucleo familiare, è risultato coinvolto in un ulteriore procedimento penale instaurato dalla Dda di Firenze per intestazione fittizia di beni nell’operazione Ammitt.
Gli accertamenti, supportati da indagini patrimoniali e bancarie e da attività investigative, oltre a confermare i rapporti tra Raso e la 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, ne hanno evidenziato il ruolo di dominus occulto nella gestione delle principali vicende societarie delle aziende a lui riconducibili. Da tali riscontri è risultata anche una netta sproporzione tra gli investimenti effettuati ed i redditi ufficialmente dichiarati dall’imprenditore.
I beni confiscati sono costituiti dal patrimonio aziendale e societario di 6 società, da 25 immobili, sei autoveicoli e numerosi rapporti finanziari personali ed aziendali. Il provvedimento riguarda anche le strutture "Gabbiano" di Gizzeria Lido e "Salusmentis" di Sellia Marina.
GLI OSPEDALI INFINITI
Continuano,anti non finiscono mai, i problemi per la sanitá calabrese. Se da un lato c´é da rallegrarsi perché la questione della Cardiochirgia di Reggio Calabria sembra giunta ad un punto di svolta ( sono stati banditi tutti i concorsi ed i lavori per l´adeguamento dei locali sono in via di ultimazione) tanto da far pensare che entro l´estate i reparti potrebbero entrare in funzione, altri problemi sono in vista per la costruzione dei nuovi ospedali di cui ci siamo in passato occupati. Se per Vibo Valentia si prevede la prima pietra entro il 2016( ma non é la prima volta che se ne parla), per quelli della piana Gioia Tauro e della Sibaritide i tempi si allungano ulteriormente. E a distanza di otto anni dall´approvazione dei progetti,ora si parla di una prima pietra da porre nel 2017, forse in primavera. Questo naturalmente a causa della vicenda Tecnis, la societá aggiudicataria dei lavori posta sotto sequestro perché in odore di mafia. E sempre che, questo per quanto riguarda l´ospedale della piana di Gioia Tauro, non venga rimesso in discussione il luogo dell´edificazione. Sono ,infatti, ancora in atto i ricorsi presentati dalla maggioranza dei sindaci pianigiani( 28 su 32) che avevano contestato la scelta della Regione di edificare il nuovo nosocomio in un terreno di proprietá della Provincia ma non centrale e difficilmente raggiungibile, in tempi brevi, dalla maggior parte dei paesi vicini. Una soluzione logica, come é facile capire. Ma si sá la logica in Calabria é sempre stata un optional e a distnza di tanti anni non c´é ancora un ospedale degno di questo nome e la gente continua, anche per un´ernia, ad emigrare fuori regione.
Fonte: Il Quotidiano del sud, Ansa,Corriere della Calabria
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