giovedì 1 dicembre 2016

ARRESTATO IL BOSS DI ROSARNO MARCELLO PESCE - ERA LATITANTE A CASA SUA



foto Adriana Sapone


ROSARNO (REGGIO CALABRIA) - È stato catturato dalla Polizia di Stato a Rosarno (Reggio Calabria) il latitante Marcello Pesce, 52 anni, boss della 'ndrangheta ricercato per associazione di stampo mafioso. Marcello Pesce, detto "U Ballerinu", fa parte dell’omonima cosca guidata da Antonino Pesce, operativa nella Piana di Gioia Tauro e con propaggini in Lombardia e tutto il Nord Italia.

Pesce era nascosto in un’abitazione al centro di Rosarno. Il blitz degli uomini del Servizio centrale operativo e della squadra mobile di Reggio Calabria è scattato attorno alle 5, quando si è avuta la certezza che il boss fosse proprio lì. Assieme a Pesce sono stati arrestati anche altre due persone con l’accusa di favoreggiamento.

L’uomo, al momento dell’irruzione degli agenti dello Sco e della squadra mobile di Reggio Calabria, era in camera da letto e non era armato. Non ha opposto resistenza ed è stato arrestato insieme a due uomini, padre e figlio, che erano nell’appartamento con lui.
IL PROFILO DEL BOSS 
Marcello PesceFiglio di Rocco Pesce, nonché nipote del defunto boss Giuseppe Pesce, è inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi del Ministero dell’Interno. Capo indiscusso dell’omonima cosca operante a Rosarno ed altrove, ritenuta tra le più agguerrite dell’intera 'ndrangheta calabrese, Marcello Pesce annovera precedenti di polizia per associazione mafiosa, omicidio doloso e droga.
Il suo nome compare negli atti giudiziari degli anni novanta, quando alcuni rapporti di polizia evidenziavano la sua sospetta appartenenza alla criminalità organizzata di Rosarno capeggiata allora dal boss Giuseppe Pesce, classe 1923, poi deceduto.
Nel 2010 Marcello Pesce si sottraeva all’arresto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione "All Inside". Al termine del processo di primo grado, Marcello Pesce viene condannato alla pena di 15 anni e 6 mesi di reclusione poiché riconosciuto colpevole dei delitti di associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni (autovetture).
Verdetto riformato in appello con una nuova condanna: 16 anni e 2 mesi di reclusione. Nel 2015, in considerazione dei possibili appoggi di cui egli poteva giovarsi in territorio estero, le ricerche sono state estese anche in ambito comunitario, attraverso l’emissione del Mandato di Arresto Europeo da parte della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Negli ultimi anni, ad accusarlo, era stata anche sua cugina, Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, divenuta collaboratrice di giustizia. Le indagini durano da oltre tre anni e hanno avuto una importante intensificazione negli ultime sei mesi, avvalendosi esclusivamente di attività tecnica e di osservazione sul territorio, un territorio peraltro difficile da permeare all’attività di indagine.
 LA PASSIONE PER IL CALCIO
Il boss è appassionato di calcio, tanto da essere stato presidente e proprietario - direttamente o indirettamente - di due squadre dilettantistiche. Ma l’interesse per il calcio, secondo gli investigatori, non era solo passione. Col controllo di squadre come l’Interpiana di Rosarno, od il Sapri (Salerno), Pesce contava anche di raccogliere l’ammirazione dei tifosi e quindi il consenso per la sua organizzazione criminale.

fonte:il quotidiano del sud.it

Nessun commento:

Posta un commento