lunedì 6 giugno 2016

4 ANNI DI CARCERE AL PRETE PEDOFILO - DON TROPEA ERA STATO SORPRESO IN COMPAGNIA DI UN MINORENNE - IL COMPORTAMENTO DEL VESCOVO



foto stretto web 


Quattro anni di carcere: è questa la pena comminata dal gup Filippo Aragona nei confronti di Don Antonello Tropea, il sacerdote di 44 anni, arrestato alla fine del 2015 dalla squadra mobile di Reggio Calabria per prostituzione minorile, sostituzione di persona, detenzione di materiale pedopornografico ed adescamento di minorenni. All'esito del processo celebrato con il rito abbreviato, l'ex parroco di Messinagnadi di Oppido Mamertina, difeso dai legali Andrea e Giuseppe Alvaro, è stato riconosciuto colpevole di tre capi di imputazione riguardanti la prostituzione minorile e l'adescamento di minorenni. Assolto invece da altri cinque capi di accuse riguardanti la detenzione di materiale pedopornografico, sostituzione di persona e un tentativo di prostituzione minorile. Per Tropea la Procura in sede di requisitoria aveva invocato una condanna a sei anni di reclusione.

Nei mesi scorsi il pubblico ministero Sara Amerio, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto e ottenuto dal gip Antonio Scortecci l'incidente probatorio in cui poi si sono registrate, le testimonianze delle presunte vittime di Don Antonello Tropea. Tra questi in aula è comparso il minorenne, all'epoca dei fatti, che era stato trovato in compagnia del parroco di Messignadi di Oppido Mamertina il 16 marzo dello scorso anno quando una "volante" del Commissariato locale alle 11 di sera controllerà, nei pressi della zona industriale di Gioia Tauro, un'automobile su cui erano presenti il sacerdote e l'allora 17enne. L'incidente probatorio è stato richiesto anche per l'audizione di un altro ragazzo a cui il parroco avrebbe offerto danaro in cambio di prestazioni sessuali e di di un altro giovane nei cui confronti il prete è accusato di un tentativo di prostituzione minorile. Don Antonello Tropea, subito dopo l'arresto, ha ottenuto la sostituzione della misura cautelare e dal carcere è passato agli arresti domiciliari che sta scontando lontano dalla Calabria.

Il caso che l'ha visto coinvolto ha molto interessato l'opinione pubblica considerata la gravità delle accuse mosse ad un uomo di Chiesa. Il quadro accusatorio nei confronti di Tropea era infatti molto grave. «Ha come obiettivo sessuale giovani maschi, senza pretese di relazioni sentimentali, preferibilmente che abbiano compiuto 18 anni, al fine di evitare conseguenze penale. Tuttavia, nella ricerca di questo target, che sfiora il rilievo penale, incrocia più volte anche minorenni con le medesime tendenze sessuali, talvolta disponibili solo a pagamento. In tali casi, Antonio Tropea , non si ferma ma continua, e si conserva accuratamente il materiale pedopornografico ricevuto», così il gip Scortecci definiva il comportamento del parroco.

Lo stesso Gip Scortecci, stigmatizza il comportamento assunto dal vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito, pure al corrente delle voci che circolavano sul conto di don Antonello, attraverso le informazioni ricevute da due parrocchiane, le quali in precedenza avevano compiti di responsabilità presso la stessa parrocchia: "Non ha adottato provvedimenti cautelativi, né di minima verifica delle accuse rivolte all'indagato, assumendo atteggiamenti particolarmente prudenti e conservativi dello status quo, dando pieno credito alla versione negatoria dello stesso accusato".

Purtroppo il vescovo Milito farà molto di più. E la circostanza assume ulteriore importanza, visto che la Diocesi di Oppido-Palmi è una delle più esposte, anche a livello internazionale, vista la recente dichiarazione della Varia a patrimonio dell'Unesco. Dalle conversazioni intercettate emergerebbe anche il comportamento assunto dal vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito, che, consigliava a don Antonello "di evitare di parlare con i Carabinieri di queste cose e, in generale, con nessun appartenente alle forze dell'ordine, poiché questi non si limitano a parlare amichevolmente come stanno facendo loro, ma potrebbero redigere un promemoria che potrebbe far degenerare le cose". E' il 15 luglio del 2015. Parleranno diverse volte don Antonello e il vescovo Milito. Il prete accusato di rapporti sessuali con minori proverà a giustificare la propria posizione a screditare le chiacchiere e il vescovo gli risponderà "che a maggior ragione è meglio evitare che ci parlino i Carabinieri e che sarebbe meglio che ci parlasse lui anche perché facendo così la gente del paese non potrà dire che ha lasciato correre, ma dirà che per risolvere la situazione ha fatto tutto quello che poteva fare".

I due, insomma, sembrano concordare una strategia: il vescovo consiglierà a don Antonello di andare dai genitori e "parlare con la massima tranquillità". Il 7 agosto è di nuovo il vescovo Milito a parlare direttamente con don Antonello, che minimizza le voci ricorrenti sul proprio conto. Parlano delle chiacchiere delle suore. Ma il vescovo rassicurerebbe il parroco : "Lascia perdere questo perché non... la cosa gravissima non è, è questo pettegolume di suore. Tu piomba subito e glielo puoi dire, io mi sono incontrato col Vescovo, il vescovo ci è rimasto proprio... (incomprensibile)".

Infine, il 19 settembre, due giorni dopo la perquisizione nel corso della quale verrà trovato in casa del prete diverso materiale utile alle indagini, don Antonello confiderà a un amico di aver riferito tutto ("sia il reato che gli viene contestato e sia quello che gli è stato sequestrato") al vescovo, chiedendogli, ove lo ritenesse opportuno, la sospensione a divinis, ma di aver ricevuto dal suo superiore l'invito a continuare a fare ciò che faceva prima dell'atto della polizia giudiziaria.

E tra i documenti rinvenuti nell'abitazione di don Antonello verrà trovata anche una copia della lettera delle sue dimissioni indirizzata al vescovo già nel 2010. Rimarrà senza alcun seguito.

Adesso Don Tropea, che si trova ai domiciliari che sta scontando fuori dalla Calabria, è stato riconosciuto colpevole di prostituzione minorile. I suoi legali Andrea e Giuseppe Alvaro si ritengono comunque molto soddisfatti dell'esito del procedimento in riferimento soprattutto all'assoluzione di cinque capi di imputazione. Gli avvocati reggini hanno già annunciato che dopo il deposito delle motivazioni da parte del gup Aragona ricorreranno in Appello.
fonte:angelo panzera per il dispaccio.it

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