
Sarà l'autopsia a chiarire le cause del decesso di Claudia Bordoni, 36 anni, incinta di due gemelli, morta in seguito a una emorragia alla Mangiagalli, la clinica ginecologica che dipende dal Policlinico di Milano. Con la paziente, che era alla ventiquattresima settimana di gestazione, sono morti anche i due feti che portava in grembo: a nulla sono valsi gli sforzi degli ostetrici e dei ginecologi dell’ospedale, che hanno tentato il tutto per tutto con un cesareo d’urgenza quando la mamma era già andata in arresto cardiaco. Per tutti e tre, non c’è stato nulla da fare.
La Procura di Milano indaga per l'ipotesi di reato di omicidio colposo. L'inchiesta è coordinata dal pm Maura Ripamonti e dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto, e l'autopsia verrà effettuata probabilmente a metà della prossima settimana. Prima, infatti, gli inquirenti dovranno acquisire tutte le cartelle cliniche dei due ospedali e anche di quello di Busto Arsizio (Varese), dove la donna è stata visitata, e probabilmente poi anche come atto dovuto a garanzia procederanno alle iscrizioni dei medici che si sono occupati del caso nel registro degli indagati. "Siamo ancora in una fase preliminare delle indagini", ha precisato il procuratore Pietro Forno. Nel frattempo, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato gli ispettori per far luce su quanto accaduto. "La task force dei professionisti nominati da Agenas, carabinieri del Nas e dal rappresentante delle Regioni - si legge nella nota del ministero - dovrà accertare se a determinare il decesso di Claudia Bordoni abbiano contribuito difetti organizzativi della struttura sanitaria e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure".
La donna lunedì, tre giorni prima della morte avvenuta giovedì, era andata al pronto soccorso dell’ospedale San Raffaele, dove era stata seguita durante la gravidanza, frutto di una procreazione medicalmente assistita: dopo averla visitata, i medici e i chirurghi di via Olgettina l’avevano dimessa. La famiglia ha presentato un esposto in Procura, denunciando i tre ospedali che hanno seguito la donna nel corso della gestazione: oltre il San Raffaele e la Mangiagalli, anche l’ospedale di Busto Arsizio.
La paziente, originaria di Sondrio, viveva a Milano con il marito di 40 anni. Dopo vari tentativi andati a vuoto, era rimasta incinta sei mesi fa, grazie a una procedura di procreazione assistita. La gravidanza però si sarebbe rivelata particolarmente problematica: nel corso della gestazione la donna avrebbe avuto delle minacce d’aborto. Gli ultimi problemi risalirebbero a metà mese: la donna si era rivolta ai medici che la seguivano al San Raffaele. Dopo una settimana di ricovero, era stata dimessa il 20 aprile. Cinque giorni dopo, il nuovo accesso al pronto soccorso di via Olgettina: dopo era essere stata in osservazione per diverse ore ed essere stata controllata dai chirurghi e dagli ostetrici della struttura, era stata dimessa. Due giorni dopo, il nuovo ricovero, stavolta al pronto soccorso della Mangiagalli di via della Commenda, dove la donna si è presentata lamentando dolori addominali ed è stata ammessa in codice giallo (uno dei più gravi).
Nella clinica ginecologica del Policlinico, primo punto nascita d’Italia, è rimasta ricoverata per circa 30 ore: la situazione è precipitata nella tarda mattinata di giovedì, quando la signora ha iniziato a presentare segni evidenti di emorragia addominale e all’esofago. A niente sono valsi gli sforzi di medici e infermieri: il cuore della 36enne ha smesso di battere verso le 14. A quel punto i ginecologi hanno tentato di salvare almeno i due figli che la donna portava in grembo: di qui il cesareo d’urgenza. Che però non ha avuto successo: i feti sono stati estratti dalla pancia della mamma quando anche per loro, ormai, non c’era più nulla da fare.
Alla Mangiagalli è stata avviata un’indagine interna, per ricostruire tutto quello che è successo durante il ricovero della donna, dall’arrivo fino alla morte: secondo i medici del Policlinico il decesso sarebbe da attribuire all’emorragia addominale e all’esofago. Da capire se questa, a sua volta, sia o meno connessa alla gravidanza. "I nostri operatori hanno sin da subito dato la loro piena collaborazione alla magistratura per tutti i rilievi del caso — dicono dalla direzione del Policlinico — Siamo tutti vicini alla famiglia in questo momento di gravissima perdita, così come siamo accanto alla nostra squadra di esperti per dare loro tutto il nostro appoggio". Anche la Regione ha attivato sul caso la propria task force, diretta dal dottor Rinaldo Zanini, che effettuerà un audit su quantovvenuto. "I contatti con la struttura sono già stati avviati - si legge nella nota - e, secondo quanto risulta dalle prime informazioni raccolte, non sembra evidenziarsi alcun elemento collegabile a negligenze da parte della struttura nella gestione del caso trattato, nonostante l'esito infausto". "La clinica Mangiagalli di Milano - si sottolinea - è il più importante e qualificato punto nascita regionale".
fonte:repubblica.it
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