martedì 26 aprile 2016

LA MEMORIA DEL PASSATO PER VIVERE IL PRESENTE - IL PROFUMO DEL PANE









Un ragazzo sta uscendo da un locale – per rispetto della nostra lingua non lo chiamo Fast food – con il suo terribile panino imbottito, tra le mani. Per un gesto inconsulto che appartiene solo alle nuove generazioni, che nello stesso istante vorrebbero fare più cose, come mangiare il panino, rispondere al telefonino o continuare a giocare con quei terribili giochini che hanno fatto impazzire il mondo, il panino, gli cade per terra.
Stizzito, il ragazzo invece di raccattarlo, lo allontana con un calcio degno di un grande calciatore.
Una volta non era così. Al ragazzo che per uno strano gioco dei movimenti, sfuggiva dalle mani il pane caldo condito con l’olio e lo zucchero, la nutella dei poveri, e finiva per terra, invece di allontanarlo con un calcio, lo raccattava e prima di riprenderlo e consumarlo lo baciava.
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Perché il pane era buono e perché il ragazzo sapeva che non sempre poteva permettersi quel delizioso lusso. A parte il fatto che quel pezzo di pane, dalla forma particolare, bello, tenero, caldo come il petto di una madre quando è intenta ad allattare il suo bambino, che ha il sapore della terra, quella dalla quale nascono sempre buoni frutti, era il risultato di una grande giornata di lavoro che iniziava molto presto la mattina e terminava molto tardi la sera.
Iniziava con la crescita del famoso lavatu ( che veniva fatta la sera prima), quindi l’impasto,  rigorosamente a mano nella tradizionale majglia, e poi la preparazione dei pani, per finire con la preparazione del forno e l’infornata. Un lavoro duro che però diventava anche una festa soprattutto per i bambini ai quali veniva dato in dono il famoso angiolegliu se si trattava di un ragazzo, la famosa cugliura, se invece si trattava di una ragazza.
Pane, amore e sacrifici. Oggi non è più così, ed è per questo che il ragazzo allontana il panino con un calcio ben assestato. Perché è un panino che non sa d’amore, cioè non sa di niente. E le cose che sanno di niente, cioè non hanno un anima, si buttano via e basta.
Mi viene in mente la bella frase di Alvaro: «Da noi quando cade un pezzo di pane per terra, si raccatta e si bacia». Oggi non è più così, perché non tutti hanno ancora capito che soltanto il pane fatto in casa profuma d’amore, ha la forza della fatica, la bellezza e il carattere delle mamme. In una parola, i colori della vita. 

Antonio Strangio InAspromonte.it

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