sabato 15 aprile 2017

" QUI C´É UNA MAMMA CHE PIANGE SUO FIGLIO UCCISO " - IL MONITO DEL COLONNELLO SCAFURI IN CHIESA








Alzando sull’altare come bandiera di battaglia la foto di un brigadiere assassinato, non ha sfidato solo la ’ndrangheta, che sarebbe cosa normale per un colonnello dei carabinieri. No, l’altra mattina Giancarlo Scafuri, comandante provinciale dell’Arma a Reggio Calabria, ha sferzato l’ignavia della cosiddetta società civile, di quei bravi cittadini che la ’ndrangheta nemmeno la nominano e, per quieto vivere, chinano sempre il capo. «Non abbiate paura di dirla, questa parola, ’ndrangheta: oggi qui non l’ha detta nessuno, caro don Aldo!», ha tuonato il colonnello, lanciando un’occhiata al cappellano militare che aveva appena concluso l’omelia nella chiesa Matrice di Cittanova, ai piedi dell’Aspromonte. «E insegnatelo ai ragazzi, cos’è la ’ndrangheta: un tumore maligno!».

......Lo sapeva benissimo Rosario Iozia, ucciso dai mafiosi a 25 anni, il 10 aprile 1987: il brigadiere che, trent’anni dopo, è stato commemorato a Cittanova l’altra mattina. Comandante della squadriglia antisequestri, non era neppure in servizio quando si mise a inseguire latitanti in fuga che reagirono freddandolo con due colpi di lupara. La sua foto di eroe ragazzino era dunque l’altro ieri sull’altare della chiesa Matrice, davanti a mamma Anna e ai parenti, a sindaci e politici della provincia, e soprattutto davanti agli studenti di Cittanova venuti in massa coi loro professori. Scelta civile assai opportuna, questa, ma forse mortificata dal silenzio su quella parola maledetta: ’ndrangheta......

Goffredo Buccini corriere.it




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