venerdì 3 novembre 2017

DROGA DELL´ISIS PER 50 MILIONI DI EURO SEQUESTRATA A GIOIA TAURO

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La sezione Antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, a seguito di indagini svolte dai finanzieri del Comando Provinciale reggino in collaborazione con l’Ufficio antifrode della Dogana di Gioia Tauro, ha disposto il sequestro di un ingente quantitativo di tramadolo sbarcato al porto gioiese, proveniente dall’India e diretto in Libia. L’input investigativo è partito dal II Gruppo della Guardia di Finanza di Genova che nell’ambito di una operazione dello scorso maggio, aveva proceduto ad un analogo sequestro nel porto del capoluogo ligure.
La vendita al dettaglio del farmaco sequestrato avrebbe fruttato circa 50 milioni di euro, in quanto ciascuna pastiglia, sul mercato nero nord africano e medio orientale, viene venduta a circa 2 euro. Il tramadolo è una sostanza oppiacea sintetica, il cui uso è stato ripetutamente accertato negli scenari di guerra mediorientali, tanto da essere soprannominato “droga del combattente”, essendo questo utilizzato sia come eccitante, sia per aumentare le capacità di resistenza allo sforzo fisico.
Secondo le informazioni condivise con fonti investigative estere, il traffico di tramadolo sarebbe gestito direttamente dall’IS (Daesh), al fine di finanziare le attività terroristiche che l’organizzazione pianifica e realizza in ogni parte del mondo e parte dei proventi illeciti derivanti dalla vendita di tale sostanza, sarebbero destinati a sovvenzionare gruppi di eversione e di estremisti operanti in Libia, in Siria ed in Iraq.
L’operazione si è avvalsa infatti anche della preziosa collaborazione della D.E.A. americana e della Direzione centrale dei servizi antidroga presso il ministero dell’Interno e del supporto del comando generale della Guardia di Finanza.
Anche la droga dell’Isis passa da Gioia Tauro. È questo il dato che emerge dal maxi sequestro eseguito venerdì notte dagli uomini della Guardia di Finanza per ordine della sezione Antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha permesso di individuare un importante carico di tramadolo, del valore di 50 milioni di euro. Oppiaceo commercializzato fin dagli anni Ottanta come antidolorifico, oggi il tramadolo è usato come sostanza base per la sintesi della cosiddetta “droga del combattente”. Mischiato ad altri componenti, anche banale caffeina, il tramadolo si converte infatti in una potente anfetamina, in grado di cancellare paura, dolore e fatica. Per questo Daesh – lancia l’allarme la Dea statunitense – da tempo ha messo le mani su traffico e spaccio della sostanza.
Utilizzato a scopo “ricreativo” nei party esclusivi dei Paesi del Golfo negli anni Novanta, a partire dagli anni Duemila il tramadolo ha iniziato a essere diffuso nei territori di jihad per “motivare” le truppe. E non solo. Tracce della medesima sostanza sono state trovate sia nell’appartamento degli attentatori che hanno firmato il massacro del Bataclan, sia in quello del kamikaze che ha colpito in Tunisia. Inizialmente prodotto principalmente in Medio Oriente, secondo quanto emerso dalle ultime indagini il tramadolo adesso verrebbe sintetizzato in grandi quantità anche in aree diverse del globo, quindi spedito a bordo di cargo nel Mediterraneo. A maggio, un altro carico della medesima sostanza è stato sequestrato al porto di Genova. Per questo, inquirenti e investigatori reggini da mesi monitoravano con attenzione.
  «A Gioia Tauro passa di tutto e in fondo – dice il procuratore aggiunto Gaetano Paci, responsabile per la Dda di Reggio Calabria dell’area tirrenica – non ci possiamo stupire più di tanto nell’individuare anche traffici di questo genere di sostanze». Anche perché da tempo, aggiunge, «abbiamo cognizione di rapporti fra la ‘ndrangheta e organizzazioni del Medio Oriente. Nonostante il porto sia diventato zona meno “sicura” per i clan grazie alla pressione investigativa, abbiamo individuato diversi vettori e famiglie riconducibili alla ‘ndrangheta che sembrano impegnati in traffici di vario genere con organizzazione dell’area mediorientale». Per ora, spiega il magistrato sono solo «tasselli che si sta cercando di mettere insieme» ma – sottolinea – «ci sono sviluppi in corso».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

sabato 12 agosto 2017

" QUANDU U PISCI PUZZA DA TESTA " : DUE MESI E MEZZO DI VACANZA PER I CONSIGLIERI REGIONALI CALABRESI


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Ben venga la fibrillazione politica che ha fatto slittare le sedute convocate per l’8 e il 9 agosto. Per i consiglieri regionali calabresi l’appuntamento, a questo punto, è fissato per l’11 settembre. E così, intanto, possono godersi una vacanza di due mesi e mezzo. L’ultima riunione dell’assemblea legislativa risale infatti al 29 giugno: due ore e quattro minuti di impegno per votare dodici proposte di legge, undici provvedimenti amministrativi e un pugno di nomine e mozioni, oltre a una breve commemorazione del calabrese Stefano Rodotà. Tutto a ritmo serrato, prima del congedo per una pausa tanto lunga da indurre due parlamentari di Forza Italia, Roberto Occhiuto e Jole Santelli, a presentare un’interrogazione al ministro degli Affari regionali.

E se d’estate l’agenda si svuota, nel resto dell’anno non è certo fitta. Nel 2017 il Consiglio si è riunito appena sei volte: una al mese da gennaio a marzo, due a maggio e una, appunto a fine giugno. Leggendo i verbali si scopre che, in questi sette mesi e mezzo, l’aula consiliare è stata impegnata per 1.199 minuti: uno in più e si sarebbe toccato il picco poco vertiginoso delle venti ore di attività. Per avere un metro di confronto, i colleghi lombardi nello stesso arco temporale sono stati convocati ventitré volte, quelli dell’Emilia Romagna quattordici, quelli campani dodici. In Piemonte hanno eguagliato in poco più di un mese estivo il numero di sedute che i calabresi hanno messo insieme nei 227 giorni tra Capodanno e ferragosto. E alla Regione Lazio si sono riuniti addirittura dieci volte tra luglio e l’inizio di agosto, periodo nel quale gli scranni di Palazzo Campanella erano già chiusi per ferie.

L’annata in corso non è nemmeno un’eccezione per la politica regionale calabrese: il 2016 ha chiuso con sedici sedute, il 2015 con quindici. Al contrario, sono costantemente da brividi i ritmi con i quali vengono sfornate le leggi. Il Consiglio ne ha approvate quarantasette l’anno scorso e quest’anno è già arrivato a quota trentadue, contro le diciannove di Emilia Romagna e Lombardia e le otto della Regione Lazio. Norme che vanno dalla programmazione dell’attività teatrale alla semplificazione amministrativa, dalla revisione dei consorzi di bonifica alla realizzazione di impianti golfistici. E che rischiano però di incepparsi quando toccano i temi più insidiosi. Come quella che voleva reintrodurre pensione e trattamento di fine mandato per i consiglieri, ritirata dopo un’ondata di indignazione popolare. O quella sui referendum per la fusione dei Comuni, che ha causato alla prima applicazione un ricorso al Tar perché non si riuscirebbe a chiarire cosa fare quando solo uno dei paesi coinvolti nella consultazione si pronuncia contro l’accorpamento.

Verrebbe da dire che in media si approva una legge ogni trentasette minuti, se non fosse che nel frattempo si riesce a dare il via libera anche a un’infinità di provvedimenti amministrativi. Tempo per discutere i testi? Pochissimo. E zero sedute dedicate a question time con la giunta. Ma non va meglio nelle commissioni: quella che nel 2017 si è riunita di più è la terza, che deve fare i conti con la sanità indebitata e disastrata e ha quindi inanellato dieci convocazioni. Per il resto, i consiglieri della quarta commissione (che si occupa di territorio e ambiente) si sono incontrati nove volte,
gli altri viaggiano sotto alla media di una convocazione al mese. Sommando queste ultime alle sei sedute dell’aula ed escludendo chi fa parte di più commissioni, fanno una dozzina di giorni trascorsi a Palazzo Campanella da gennaio a oggi. Eccetto le assenze giustificate, ovviamente.
fonte:Andrea Gualtieri per Repubblica.it

sabato 5 agosto 2017

E´ SCONTRO A PARAVATI TRA IL VESCOVO E LA FONDAZIONE VOLUTA DA NATUZZA EVOLO


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E' scontro a Paravati, nel Vibonese, fra il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, e la Fondazione "Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime" voluta dalla mistica Natuzza Evolo, deceduta nel 2009. Il vescovo aveva chiesto delle modifiche allo Statuto della Fondazione, riformando la composizione del Cda e regolamentando i rapporti fra la diocesi, responsabile del culto, e la Fondazione, proprietaria della Chiesa a Paravati sorta per volonta' di Natuzza Evolo. Davanti alla decisione del Cda della Fondazione di respingere le modifiche il vescovo ha revocato il decreto che autorizzava le attivita' religiose e di culto nella chiesa non ancora consacrata, vietando inoltre la raccolta di offerte per le celebrazioni liturgiche.
Come reazione alla decisione del vescovo, tre sacerdoti facenti parte della Fondazione (contrari alle modifiche richieste dal vescovo) si sono dimessi e il Cda della Fondazione ha nominato un nuovo presidente, al posto del dimissionario don Pasquale Barone, nella persona dell'avvocato Marcello Colloca, vicino alla posizioni del vescovo, che avrebbe agito nei confronti della Fondazione con l'avvallo dell'ufficio legale della Cei. Questo passo dovrebbe riportare serenita' nella vicenda e rendere superfluo l'eventuale invio in Calabria di una visita canonica. La mistica di Paravati e' deceduta nel 2009 "in odore di santita'" e l'avvio del processo di canonizzazione ha gia' ottenuto il via libera del vescovo Renzo e dalla Conferenza episcopale calabrese mentre e' atteso il via libera della Congregazione delle cause dei santi, che non potra' esserci se continueranno tensioni e conflitti. Natuzza ha dedicato l'intera vita alla preghiera, portando sul corpo i segni di misteriosi fenomeni (ferite sanguinanti e stimmate) che non hanno mai trovato alcuna spiegazione scientifica.

fonte: AGI

sabato 29 luglio 2017

CHI DA FUOCO ALLA CALABRIA CHE BRUCIA ? I CALABRESI !!



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“La Calabria brucia”, “La Calabria è in fiamme”. Sono i titoli che i giornali calabresi e nazionali hanno dedicato all’infittirsi degli incendi del rovente luglio calabrese, diventato una drammatica emergenza. Titoli tutto sommato rassicuranti che evocano un destino cinico e baro che s’è abbattuto sulla nostra terra disgraziata. Invece (li abbiamo fatti anche noi e chiediamo scusa), sono certamente di grande effetto ma depistanti. Nascondono come stanno realmente le cose. La titolazione giusta sarebbe stata: “I calabresi bruciano la Calabria” con un bel catenaccio: “Approfittando del caldo torrido e dei venti i calabresi (ma anche i siciliani, i pugliesi e via elencando) distruggono e pugnalano i propri territori.

E’ noto – ma lo si tiene spesso nascosto – che gli incendi per autocombustione sono rarissimi in natura. La grandissima parte delle fiamme che divorano montagne verdi e macchie mediterranee, arrivando spesso a ridosso o perfino dentro gli abitati o i villaggi turistici, sono frutto dell’attività dei piromani. Secondo il dossier dei Verdi “Le mani sporche degli incendi”, curato da studiosi ed esperti, negli ultimi 15 anni il 60,4% degli incendi sono stati volontari, il 9,7 involontari, sul 2,5 ci sono dubbi, il 26% per cause non classificabili. Solo e soltanto l’1,2 per cento è stato provocato da cause naturali. Dati statistici medi nazionali. Ma a Sud e in Calabria la percentuale è di certo molto più alta.

I piromani non sono dei matti. Le loro ragioni, sempre sporche e corpose, vanno cercate nel dopo incendio. Nel processo che riparte dalla cenere per tornare al verde. Nell’uso e nell’utilizzo dei territori devastati. Nella massa di danaro che viene mobilitato da subito per spegnere gli incendi e riportare le situazioni in sicurezza. Nelle spese per affrontare l’emergenza: perché un a cosa è usare qualche decina di ore di aerei antincendi, altra è usarli per migliaia di ore. Al di là di quel che si dice non esiste ancora una deterrenza reale all’incendio. E’ uno dei problemi fondamentali.

Detto questo bisogna anche prendere atto che in Calabria c’è forse qualche elemento di ferocia in più. Un accanimento particolare. Una furia distruttiva come di un popolo che insegue con spietata determinazione il sogno di cancellare e far sparire la propria terra.

Il problema va posto in modo esplicito: c’è un rapporto tra l’impennata degli incendi di quest’anno e il disagio crescente che viene percepito dalla società calabrese e soprattutto dalla sua parte più fragile e indifesa? La Calabria impaurita da una prospettiva incerta dopo una lunga fase di crescita del benessere che si era immaginata ormai definitiva, accumula rancore e voglia di vendetta sociale? Nessuno su una questione tanto delicata può avere certezze. Ma di sicuro c’è un fastidio crescente da parte degli abitanti della Calabria verso la propria terra percepita sempre di più come odiosa matrigna. Il rapporto tra incendi e disagio, è un fenomeno antico. Al netto degli interessi di cui abbiamo detto l’incendio che distrugge, vendica e purifica esercita un grande fascino su chi ritiene di non avere alcun altro mezzo per manifestare la propria rabbia. Comunque è impressionante la circostanza che con sempre maggior frequenza le fiamme si scatenino contro luoghi altamente simbolici: il Parco dell’Aspromonte o della Sila, il Parco della biodiversità di Catanzaro, villaggi turistici in cui si affollano “quelli che possono”; e mai come in questo drammatico scorcio d’estate il fuoco era arrivato così vicino (e tanto spesso) ai centri abitati.

Certo, il punto centrale è e resta quello degli interessi sporchi che si muovono attorno alle fiamme. Sono interessi potenti, poco trasparenti, intensamente parassitari. Ma la Calabria, non solo la politica ma tutta, deve fare attenzione. Se si spezza l’intesa sentimentale tra i calabresi e la propria terra non solo sarà tutto più difficile ma diventerà tutto impossibile.

fonte: zoomsud.it

martedì 18 luglio 2017

COME SI SONO COMPORTATI IN TV I 4 RISTORATORI CALABRESI ? " SI MANGIARU PE CANI "


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E’ ripartito il programma televisivo di Alessandro Borghese( Sky 1,ndr) che mette a confronto 4 ristoranti e sceglie il migliore, attraverso il voto dei ristoratori interessati oltre al voto aggiuntivo dello stesso presentatore. 

La prima puntata è stata dedicata alla Calabria e lo svolgimento della trasmissione ha rappresentato plasticamente l’intera realtà Calabrese. Una realtà lacerata, il cui filo conduttore rimane quello del tutti contro tutti con in più la voglia rabbiosa di non riconoscere mai meriti altrui. Trova spazio tra i calabresi la decisa volontà di demonizzare sempre e comunque l’avversario facendolo diventare un nemico brutto, cattivo, incapace e deficiente.

Lo stesso Borghese, come intimorito da tanta sciagurata determinazione, è stato costretto ad evidenziarlo a fine trasmissione con grande imbarazzo sia in relazione ai voti dati dai ristoratori agli altri ristoratori sia, soprattutto, ai commenti  trasmessi dalla televisione. Né è stato difficile avvertire la eco dei giudizi sicuramente espressi, non utilizzati nel programma e finiti fuori onda. Ma l’aggettivo finale scelto da Borghese per definire il modo in cui i calabresi si sono confrontati tra loro è stato micidiale: “spietati”, s’è lasciato sfuggire.

E il modo di procedere dei nostri ristoratori in grandissima parte rispecchia l’agire e l’essere della società calabrese e riflette le sue intere classi dirigenti politiche, imprenditoriali, culturali, professionali. E’ questo uno dei nodi che condannano la Calabria all’immobilismo, alla marginalità, al sottosviluppo economico, sociale, culturale e politico. Perché gli altri e il resto del paese dovrebbe avere fiducia e stima dei calabresi se i calabresi per primi non ne nutrono alcuna per gli altri calabresi?

In Calabria, questo è un dato di fatto da cui partire per una maggiore comprensione della nostra situazione. Emerge, se si accantona la retorica, l’assenza complessiva di una cultura dell’integrazione. E’ inesistente la costruzione di reti tra soggetti che possono - o meglio, potrebbero - dare una spinta positiva e quando ciò si verifica è l’eccezione e non la regola. L’esasperato individualismo spinge ad un egoismo che pone barriere e divisioni che impediscono una sana osmosi di conoscenze ed esperienze e quindi di crescita complessiva. La presunzione che riecheggia più spesso in Calabria è: “Ma chi è quello? Non sa niente, non conta niente, non capisce niente…”.  

La trasmissione di Borghese mi ha fatto ricordare un episodio del 1982 (quasi trenta anni fa) che avevo interamente cancellato e rimosso. Ero studente a Messina e vivevo un’intensa vita universitaria anche politica e culturale. Un grande esponente politico, di rilievo in quell’epoca, volle conoscermi. Nell’incontro privato si sbilanciò con una riflessione sulla Calabria e i suoi abitanti. “I calabresi che vengono a trovarmi - mi disse - avvertono la necessità, prima di dirmi perché mi hanno cercato, di mettere in evidenza le loro qualità eccelse, sempre a loro dire incomprese e poco valorizzate. Poi mi descrivono le persone, con cui io o loro siamo in contatto, come imbecilli e corrotti da allontanare. E naturalmente offrono con cattiveria e cinismo la loro pronta disponibilità a sostituirli”.

Ancora oggi, in Calabria si vivono spesso con cattiveria i rapporti che non producono immediatamente un vantaggio. Si vive nell’isolamento individuale e con ferocia si lotta per affermare le proprie capacità azzerando le qualità degli altri senza troppo andare per il sottile. 

Da qui l’impoverimento sempre più marcato di una società che avrebbe la necessità e l’urgenza di crescere insieme. Calabria e calabresi sembrano ignorare che solo con lo sviluppo complessivo, di tutti e aperto a tutti, s’innesca un meccanismo di crescita e opportunità per tutti. 

Abbiamo bisogno di tantissimi ristoranti buoni perché la rete e l’offerta gastronomica ampia fa crescere la domanda di ristorazione.

Vale per la ristorazione ma anche, vorrei dire soprattutto, per tutti gli altri settori e le altre attività possibili e necessarie per la Calabria. Prima si capirà meno, noi calabresi, ci faremo male da soli.

Demetrio Battaglia per Zoomsud.it

venerdì 16 giugno 2017

IN QUESTA LETTERA LE SBALORDITIVE PAROLE DI UN SACERDOTE DELLA LOCRIDE CONTRO LE ISTITUZIONI


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Mi chiedevo cosa abbia fatto scaturire questa iniziativa( una fiaccolata a favore dell´ospedale di Locri,ndr.), che pare del tutto lodevole. A volte  non so se viviamo nella realtá  o giochiamo a vivere sulla pelle degli altri. Ora questa iniziativa che avete ritenuto opportuno organizzare insieme al Vescovo( quindi la chiesa come istituzione locale) mi fa pensare - e lo dico - che lascerá il tempo che trova. Perché dico questo, ve lo spiego subito: quando la prima volta ne ho parlato come Cittadino Sacerdote, sono state le "istituzioni stesse" a dirmi " é tempo perso, abbiamo giá fatto una fiaccolata e cosa abbiamo risolto? Nulla ".
Quindi mi viene da pensare che sará l´ennesima perdita di tempo.......
Ma non vi rendete conto che la gente non ha piú fiducia? Ma chi se ne importa di veder sfilare le istituzioni quando il problema rimane sempre com´é rimasto.
Sappiamo benissimo, e voi piú di ogni altro, che il problema non lo si vuole risolvere, l´ospedale non lo si vuole far funzionare,perché c´é un giro talmente sporco intriso anche di malavita, che non permetterá mai che il problema si risolva. Chi sfilerá portando quella fascia tricolore rappresenta il popolo, ma non so quanto questo popolo si senta da egli rappresentato.......
Io, carissime istituzioni farei un gesto piú forte.......Ditelo allo Stato: " Noi istituzioni locali se entro un termine ben preciso non  vedremo attivarsi e questo  unico e solo Ospedale, CONSEGNEREMO TUTTI LE FASCE AL PREFETTO.
Si é parlato troppo e solo promesse sono state fatte.mai fatti. In questo posto non comanda lo Stato perché non c´é, sennó é inammisibile che nessuno - ma proprio nessuno - intervenga.
In questo posto non si progredisce perché vogliono mangiare sempre gli stessi.
dicevano gli antichi : " U PISCI PUZZA DA TESTA ".........

don Antonio Magnoli, sacerdote della Diocesi di Locri-Gerace



Il testo integrale della lettera su InAspromonte.it

martedì 13 giugno 2017

IL FIAMMIFERO DI ACRI PRENDE 258 VOTI E RISCHIA DI DIVENTARE CONSIGLIERE COMUNALE




ACRI Ha avuto 258 preferenze, Angelo Cofone, il candidato consigliere comunale di Acri, diventato una star sui sociali per il video di un comizio scandito da alcune gaffe e da una seria difficoltà nella lettura. "Frosparo" (ovvero fiammifero, per i suoi capelli rossi) come è chiamato Angelo Cofone, è stato il terzo più votato della sua lista. Ad Acri si andrà al ballottaggio domenica 25 giugno tra Pino Capalbo e Anna Vigliaturo, la candidata a sindaco sostenuta da Cofone. 

fonte:corrieredellacalabria.it

domenica 11 giugno 2017

IN CALABRIA LA SPAZZATURA SI BUTTA PER STRADA E A SIDERNO LO SI INSEGNA ANCHE AI BAMBINI - 3 VIDEO

I carabinieri della compagnia di Locri hanno prestato negli ultimi giorni particolare attenzione a quello che è diventato un vero e proprio fenomeno di inciviltà urbana. Sia chiaro, non è un fenomeno limitato a Locri o Siderno, ma è qualcosa di largamente diffuso in gran parte del territorio calabrese e del sud Italia.Parliamo dell abbandono dei rifiuti solidi urbani non pericolosi, la comune spazzatura.Ebbene nonostante la raccolta porta a porta che ormai quasi tutti i comuni adottano o il ritiro gratuito di rifiuti ingombranti, il vizio, il gusto o l abitudine di buttare la spazzatura per strada sembra albergare ancora nel cuore di molti corregionali. Per cercare di mettere un freno a questa dilagante meleducazione, i carabinieri di Siderno hanno piazzato delle telecamere in prossimità di piazza del Mercato e via Ghandi cogliendo sul fatto gli incivili trasgressori. Per loro denuncia e multa salata.

Video n. 1


Video n. 2

 Video n. 3
In questo filmato una mamma lascia che siano i due piccoli di casa a lanciare la spazzatura !





sabato 10 giugno 2017

ARRESTATO IN BRASILE IL BOSS VINCENZO MACRI REFERENTE IN SUD AMERICA DEI CLAN DI SIDERNO


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Si era spostato da Caracas a San Paolo del Brasile per risolvere qualche problema interno all’organizzazione, ma la “trasferta” gli è stata fatale nonostante gli inappuntabili falsi documenti con cui viaggiava. È finita la latitanza di Vincenzo Macrì, 52 anni, figlio dello "zi ‘Ntoni Macrì", storico capo della ‘ndrangheta reggina, conosciuto anche come boss dei due mondi.
L’ARRESTO Il cinquantaduenne, che si presentava come l’italo-venezuelano Angelo Di Giacomo, è stato fermato ieri all’aeroporto internazionale di Guarulhos a San Paolo del Brasile, dalla Policia Federal brasiliana e dell’Interpol, all’esito di un’indagine della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma, coordinata dalla Dda guidata da Federico Cafiero de Raho.
EREDITA’ Legato al clan Commisso, ma considerato uno dei principali broker della droga per tutti i clan del mandamento jonico, è considerato un pezzo da novanta nel mondo del narcotraffico. Sebbene non abbia mai raggiunto la caratura criminale del padre, considerato il vertice della ‘ndrangheta reggina prima di venire spodestato nel corso della prima guerra di mafia degli anni Settanta, il boss si è ritagliato un ruolo chiave nell’acquisto all’ingrosso delle grandi partite di cocaina e nella logistica delle spedizioni in Italia.
IL “SECONDO LAVORO” DEL FIORISTA Ufficialmente semplice fiorista con residenza ad Aalsmeer, in Olanda, e interessi nel viterbese, in realtà – sostengono gli investigatori – è da lì che Macrì, insieme al cognato Vincenzo Crupi, ha curato acquisto, spedizione e sdoganamento in tutta Europa di giganteschi carichi di cocaina. Ma non solo. Per sangue e per rango, è sempre stato lui uno degli incaricati del monitoraggio degli equilibri criminali in Canada, dove i clan di Siderno hanno messo radici da oltre un secolo e il padre ‘Ntoni ha costruito un pezzo importante della propria fortuna.
L’AVAMPOSTO CANADESE Proprio grazie a quegli insediamenti oltreoceano, è nato – e per anni ha prosperato -  il Siderno Group, potentissimo cartello criminale cucito insieme dal boss ‘Ntoni Macrì, insieme ai capi di Cosa Nostra americana Frank Costello e Albert Anastacia, che ha gestito droga, gioco d'azzardo ed estorsioni in diversi Paesi e tre continenti diversi. E su quelle famiglie canadesi, anche Vincenzo Macrì, ha continuato a vigilare insieme a Cosimo e Angelo Figliomeni, formalmente residenti in Canada ma di fatto latitanti, e Giuseppe e Antonio Coluccio, entrambi arrestati e finiti in carcere negli anni scorsi.
LA NUOVA VITA DA ANGELO DI GIACOMO Un’attività di monitoraggio che – secondo quanto emerge dalle indagini – Macrì ha regolarmente svolto quando stava in Europa e cui non ha rinunciato quando è stato obbligato a trasferirsi oltreoceano. Dopo l’operazione Acero-Krupy, che ha fatto finire in manette il cognato Vincenzo Crupi, il boss ha capito che l’aria era diventata pesante per lui, e si è trasferito in Venezuela, dove è diventato Angelo Di Giacomo. Ma neanche il cambio di identità lo ha salvato. Dopo due anni di indagini, è stato rintracciato e ieri la sua latitanza è finita. 
MINNITI: LAVORO STRAORDINARIO DELLA POLIZIA Il ministro dell'interno, Marco Minniti, ha telefonato al Capo della Polizia, Franco Gabrielli per complimentarsi dell'operazione, coordinata dalla Procura Antimafia di Reggio Calabria ed eseguita dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dalla Polizia brasiliana con il raccordo del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e dall'Interpol, che ha portato all'arresto, in Brasile, di Vincenzo Macrì, esponente di spicco della cosca della 'ndrangheta Commisso, operante a Siderno, e inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi. «L'arresto di Vincenzo Macrì - ha commentato il ministro Minniti - è un'altra importantissima operazione contro la 'ndrangheta che si aggiunge agli arresti di altri pericolosi latitanti operati di recente dal lavoro straordinario delle Forze di Polizia».
BINDI: CONTRO CRIMINALITÀ SERVE COOPERAZIONE «La cattura di Vincenzo Macrì, esponente di spicco della cosca Comisso, in Brasile – commenta la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi – è un risultato straordinario. Si tratta di una ulteriore prova della determinazione con cui le nostre istituzioni combattono la ‘ndrangheta e non danno tregua ai suoi latitanti. L'operazione è anche una conferma dell'importanza di sviluppare e rafforzare la cooperazione internazionale contro la criminalità organizzata, in particolare la ndrangheta proiettata con i suoi traffici illeciti in tutto il mondo. Ringrazio – conclude Bindi – gli uomini della Polizia di Stato e dello Sco, la squadra mobile di Reggio Calabria e la Dda reggina che ha coordinato le indagini, per la professionalità e la qualità investigativa dimostrata anche in questa operazione».
                
Fonte:Alessia Candito corrierecal.it

sabato 3 giugno 2017

MILETO: IN MIGLIAIA AI FUNERALI DI FRANCESCO UCCISO A 15 ANNI DA CHI CONSIDERAVA UN AMICO



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Francesco Prestia Lamberti


Commozione. Oltre 4 ore di profonda, intensa, straripante commozione. E dignità, tanta dignità, la dignità di una famiglia chiusa in un dolore sordo, inconcepibile, inaccettabile, inarrivabile. E la comunità di Mileto l’ha voluto sottolineare, con la presenza, con l’affetto, con gli applausi, con le lacrime. L’ultimo saluto a Francesco Prestia Lamberti, ucciso, secondo quanto confessato dallo stesso presunto killer, a quindici anni da quello che doveva essere un amico, l’ultimo saluto a Francesco si tiene in una Basilica Cattedrale che non è sufficiente a contenere la folla presente che, quindi, si riversa nella piazza Giovanni Paolo II, in via Episcopio, nella vicina via Duomo.
A presiedere il rito funebre i parroci di Mileto e delle frazioni Paravati, Comparni e San Giovanni ma non solo loro, sono tanti i sacerdoti che hanno concelebrato il rito, che hanno accompagnato Francesco nel suo ultimo viaggio. Ma più di tutti don Salvatore Cugliari, parroco della Santissima Trinità, che si è assunto la responsabilità dell’omelia, un’omelia difficile in un momento di dolore collettivo grande, immenso. «Forse il silenzio - esordisce don Cugliari - sarebbe stato più adeguato come segno di rispetto per il dolore e la gravità di quanto accaduto», ma in un momento come questo occorre affidarsi alla consolazione di Dio perché «il vangelo ha una potenza consolatoria che nessuna altra parola umana ha».
Il sacerdote, confessando come «in queste splendide giornate di primavera pesa sul nostro cuore la cappa di questa tragedia», richiama i fedeli al messaggio forse centrale di tutto il cristianesimo ossia il nuovo comandamento dettato ai discepoli da Gesù: «Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Gesù è morto innocente e a noi chiede che il modello della nostra vita sia il suo modo di amare, sfidando ogni odio, vincendo il male con la forza dell’amore. Credo - aggiunge - che questo sia anche il messaggio che possiamo attingere dalla morte di Francesco: ha amato, ha creduto nell’amicizia, ha guardato alla vita con uno sguardo solare».
«Non basti, non ci appaghi commemorare Francesco con una scritta o con un messaggio sui social network. Impariamo ad amare, ad amare veramente. Siamo troppo spinti a vivere e a seguire emozioni momentanee, fino a volere una vita spericolata». Senza dimenticare, però, le responsabilità degli adulti: «Rinunciando alla nostra responsabilità educativa gli esiti sono la degenerazione, il disagio di vivere e di convivere, e purtroppo qualche volta la morte. La morte di Francesco - invita a riflettere il presbitero - sia un richiamo alla responsabilità di tornare ad educare, responsabilità che tocca la famiglia in primo luogo, la scuola, la chiesa, lo Stato. Si resta con troppa indifferenza e con un senso di rinuncia davanti a fenomeni che inquinano il nostro modo di vivere sociale».
E concludendo con la citazione dell’epilogo de I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, don Cugliari rivolge il suo saluto a Francesco: «Sì, Francesco, tu oggi ci unisci e dinnanzi a te ci vogliamo impegnare perché il tuo ricordo ci renda migliori». Dopo la conclusione del rito e la manifestazione di cordoglio alla famiglia da parte delle migliaia di persone presenti, il feretro di “Ciccio” il capitano, con la sua maglia della squadra di calcio del Mileto in cui giocava poggiata sopra, esce dalla Basilica Cattedrale. Ad attenderlo ci sono tutti gli amici che fanno volare in alto palloncini bianchi e blu e rendono omaggio, leggendo alcuni messaggi, al compagno di una vita strappato a chi lo amava troppo presto, il saluto finale prima dell’ultimo pezzo di viaggio verso il luogo di sepoltura a Paravati. Non prima, però, di ricevere ancora una volta quel lungo, commosso ed emozionante applauso con cui la comunità di Mileto ha voluto dirgli: “Ciao Francesco”. 

Fonte:Franco Ridolfi per il Quotidianodelsud.it

venerdì 2 giugno 2017

ERA LATITANTE DA 24 ANNI : ARRESTATO A SAN LUCA GIUSEPPE GIORGI. E I VICINI GLI BACIANO LE MANI





REGGIO CALABRIA C’è chi si precipita a baciargli le mani, chi guarda i carabinieri che lo portano via con rabbia, chi piange come se salutasse un morto. Sono in tanti quelli che questa mattina si sono radunati attorno alla casa – fortezza dei Romeo “Staccu” da cui è uscito con le manette ai polsi Giuseppe Giorgi, storico boss di San Luca, questa notte scovato dai carabinieri del Reparto operativo e dello Squadrone cacciatori dopo oltre 23 anni di latitanza. 
PALMO A PALMO Un capo vero, tuttora operativo, che per sfuggire alla cattura si è nascosto come un topo in un vano segreto, ricavato dietro il camino. Invano. Questa notte i carabinieri erano certi che fosse lì. Per questo per oltre sei ore hanno perlustrato il palazzotto di famiglia palmo a palmo, cercando nelle case, nelle stanze, nelle cantine e nelle soffitte e poi persino dentro i muri. Dai vani nascosti dietro le pareti, sono saltati fuori oltre 156mila euro in banconote di grosso taglio e ordinatamente divisi in bustine impermeabili. Da dietro il camino della cucina della casa della figlia è saltato fuori il latitante. 
MURATO NELLA PARETE Quando ha sentito che i carabinieri stavano iniziando a rompere la parete vicino al camino, il boss ha gridato per farsi sentire. «Basta, basta, sono qua, mi avete trovato». Aperta la botola nascosta alla base, di fronte agli investigatori si è aperto uno strettissimo tunnel, cui si accedeva solo strisciando, che permetteva di accedere a un piccolo spazio ricavato tra il camino e la parete esterna del palazzo. «Era praticamente murato all’interno della parete» ha spiegato il comandante del reparto operativo, Vincenzo Franzese, che questa notte ha coordinato il blitz. 
COMPLIMENTI AI CARABINIERI Giorgi è uscito piano dal nascondiglio. Prima un piede nudo, poi una gamba, infine con prudenza il resto del corpo. Il blitz dei carabinieri lo ha sorpreso mentre dormiva, perché il boss non era armato ed era ancora in pigiama. «State tranquille – ha ordinato alle figlie – prima o poi doveva succedere». Ai carabinieri invece ha fatto i complimenti. «Ci siete riusciti, bravi». 
INDAGINE TECNICA Al boss, gli investigatori sono arrivati grazie ad un’indagine durata meno di otto mesi. Nell’ottobre scorso, con la Dda si è deciso di avviare una ricerca mirata, con l’obiettivo di catturarlo. E da lì sono partiti, servizi di osservazione, pedinamenti, intercettazioni ad ampio raggio su familiari, amici e collaboratori più stretti, a partire da una consapevolezza: un capo non vuole e non può allontanarsi per troppo tempo dal proprio feudo. Una regola aurea della ‘ndrangheta, cui Giorgi non si è sottratto. E che lo ha condannato. 
NESSUNA COLLABORAZIONE CON LA ‘NDRANGHETA «In quest’operazione non ci sono stati confidenti, noi non vogliamo alcun rapporto con la criminalità - ha detto il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho -. La ‘ndrangheta deve capire che non c’è margine di collaborazione con lo Stato, deve solo rassegnarsi a deporre le armi. I figli di ‘ndrangheta devono capire che alla fine ci sono solo due possibilità, l’arresto o la morte violenta in un conflitto con altri clan». Ai cittadini invece, Cafiero de Raho si è rivolto ancora una volta con l’appello ad avere maggior fiducia nelle istituzioni. 
L'APPELLO «Questa – gli ha fatto eco il comandante provinciale dei carabinieri, Giancarlo Scafuri – è una terra che merita di più. I calabresi meritano di essere più coraggiosi e devono imparare ad avere maggiore fiducia nelle istituzioni». Da cui – ha voluto evidenziare il generale Vincenzo Paticchio, comandante della legione Calabria – stanno arrivando risposte concrete. «Festeggiare l'anniversario della Repubblica con l'arresto di Giorgi - ha detto il generale – è un grande onore per tutti noi. Restiamo fermamente impegnati nel perseguire l'obiettivo di garantire la legalità in questa provincia e in questa regione».

Fonte: Alessia Candito per corrieredellacalabria.it

giovedì 1 giugno 2017

IL RISORGIMENTO VISTO DAL SUD - NE DISCUTONO CANTANDO E LEGGENDO I CIALTRONI IN SALOTTO



" DICITIMI É O NON É NU FATTU STRANU ? NASCÍA IN SICILIA E SUGNU ITALIANU " !!

Cominciava cosí uno stornello popolare di fine 800 che Otello Profazio ha riportato alla luce con la canzone Fatto Strano. Ed é proprio in questo interrogativo, che potrebbe essere anche una imprecazione, che é racchiuso il sentimento che il popolo del sud, in primis quello siciliano, sentiva ed esprimeva allorquando scoprí di non appartenere piú alla Sicilia ma all´Italia.
Ed é da qui che i Cialtroni in Salotto partono per una breve analisi sul Risorgimento Italiano, senza nessuna velleitá revisionistica, ma cercando tra le righe della storia eventuali tradimenti, persecuzioni o imbrogli subiti dal Sud durante il processo di unificazione nazionale.

lunedì 29 maggio 2017

ARRESTATO IL PRESIDENTE DEL CATANZARO CALCIO - SECONDO L´ACCUSA RICICLAVA DENARO IN SVIZZERA

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La Gicos di Cinquefrondi



Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, - si legge in una nota della Guardia di Finanza-  coordinati dalla Procura della Repubblica , hanno eseguito  una misura restrittiva personale nei confronti di 8 persone, tra cui il noto imprenditore e proprietario della società di calcio “Catanzaro Calcio 2011 S.r.l.”, Giuseppe Cosentino, amministratore della “GICOS IMPORT-EXPORT S.r.l.”, di Cinquefrondi (RC), ristretto agli arresti domiciliari. Sono stati inoltre sottoposti agli arresti domiciliari anche la figlia Ambra Cosentino, la dipendente della società Carmela Ali Santoro e il promotore finanziario milanese Stefano Noschese. Infine, sono stati raggiunti da un provvedimento restrittivo della libertà personale dell’“obbligo di dimora” Mariella Viglianisi,  Marco Pecora,  Caterina Zito, Simona Tedesco , tutti dipendenti della “GICOS IMPORT-EXPORT S.r.l.”.
L’accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro in danno della “GICOS IMPORT-EXPORT .

È stata inoltre accertata, a vario titolo, la commissione di ulteriori delitti di riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte – tra gli altri – della stessa moglie del Cosentino, Francesca Muscatelli, di due cittadini elvetici, amministratori di società fiduciarie svizzere e di alcuni rappresentanti legali di imprese commerciali che hanno emesso fatture false. Nel dettaglio, Giuseppe Cosentino, nella qualità di rappresentante legale della “GICOS IMPORT-EXPORT S.r.l.”, si avvaleva di sistemi collaudati per realizzare reati di natura fiscale (utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti ed altro) ed appropriarsi indebitamente in danno della compagine societaria e dei creditori della menzionata GICOS, di ingentissime somme di denaro – ammontanti a €. 8.873.664,56 – accumulate nel corso degli anni attraverso i seguenti meccanismi: - versamenti e depositi di denaro contante su conti correnti svizzeri, derivanti da vendite in nero e da utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. In particolare è emerso che la GICOS, negli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008 si è avvalsa di fatture false per quasi 2 milioni di euro.

venerdì 19 maggio 2017

COME SALVARE I NOSTRI BORGHI CHE SI SPOPOLANO. IN PROVINCIA DI MATERA ARRIVANO PENSIONATI DA TUTTO IL MONDO


Parliamo spesso dei nostri borghi, specie quelli situati nell´entroterra, che si vanno spopolando. Abbiamo letto motivazioni e cause che hanno contribuito alla fuga dai piccoli paesi. Abbiamo cercato,in piú occasioni, di trovare qualche ricetta per far si che i nostri paesi ricomincino a vivere. Proprio in questo blog, non molto tempo fa, avevamo avanzato una proposta: coinvolgere i pensionati( e non solo) che nelle grandi cittá fanno fatica a sopravvivere. Convincere una parte di essi, quelli che vivono in solitudine, che non arrivano alla fine del mese, che ancora sono " attivi ", convincerli a trasferirsi nei nostri borghi. In questo modo non solo ripopoleremmo i paesi ma ristrutturando i vecchi centri storici li faremmo rinascere a nuova vita. E´ quello che sta succedendo a Irsina,in provincia di Matera, dove da qualche anno a questa parte numerosi anziani, arrivati da tutto il mondo, stanno ripopolando il paese.

Tutti pazzi per Irsina: da tutto il mondo cercano casa qui



Irsina, il centro della collina materana noto per la Madonna lignea attribuita da alcuni ad Andrea Mantegna, sta conoscendo una continua e diversificata forma di turismo internazionale, legata all'acquisto di immobili nel centro storico e all'avvio di attività culturali da parte di stranieri. Lo ha reso noto il sindaco del paese, Nicola Morea, che ha citato l'arrivo di neozelandesi e tra questi un artista maori, Joseph Rickit, che ha aperto una residenza per artisti con l'obiettivo di favorire gli scambi culturali tra i due Paesi. Alle selezioni hanno partecipato 200 artisti da tutto il mondo e la prima di loro ha già cominciato a lavorare a Irsina. "I neozelandesi - ha detto Morea - si aggiungono in ordine di tempo a sudafricani, statunitensi, svedesi, olandesi, belgi e inglesi, questi ultimi due in maggioranza, che costituiscono una comunità di oltre 80 famiglie, la metà delle quali vive stabilmente a Irsina. Il loro numero è in crescita. La molla che li spinge a prendere casa qui - ha aggiunto il sindaco - è il paesaggio, essendo gran parte del territorio comunale vincolato. E poi la dimensione del vicinato, la buona tavola, l'arte, e la possibilità di fare escursioni" (foto dal sito di Apt Basilicata, dove è possibile trovare informazioni e curiosità su Irsina e le altre città lucane)


Irsina, il nuovo paradiso dei pensionati stranieri: "Qui da tutto il mondo per godersi il paesaggio"

Irsina, provincia di Matera. Come per tanti piccoli centri dell'entroterra lucano, il centro storico di questo antico comune ha visto, negli ultimi cinquant'anni, un progressivo spopolamento dovuto al grande numero di cittadini emigrati in cerca di fortuna. Da una decina di anni si è verificata una strana inversione di tendenza dovuta al grande numero di stranieri che decidono di stabilirsi qui. Sono in gran parte pensionati provenienti da tutto il mondo che, grazie ai prezzi accessibili e la vicinanza all'aeroporto di Bari (distante poco più di un'ora), decidono di venire a vivere la vita serena del piccolo borgo. "Grazie a loro - afferma Nicola Morea, sindaco di Irsina - il nostro centro storico sta vivendo una nuova vita. Restauri rispettosi delle strutture e dei materiali e molti investimenti stanno trasformando Irsina in un piccolo gioiello del Sud".

fonte:repubblica.it     sotto, il link per vedere il filmato su Irsina
http://video.repubblica.it/edizione/bari/irsina-il-nuovo-paradiso-dei-pensionati-stranieri-qui-da-tutto-il-mondo-per-godersi-il-paesaggio/276250/276831?ref=RHPPBT-BS-I0-C4-P7-S1.4-F4

QUARTIERE CIAMBRA DI GIOIA TAURO : VERGOGNA DI CALABRIA







E´una situazione vecchia di anni quella che che ha reso il rione Ciambra di Gioia Tauro un posto maledetto da Dio e dagli uomini. E se oggi se ne parla a livello nazionale é grazie all´interessamento di Antonio Marziale, garante regionale per l´infanzia, che ha coinvolto il tg satirico Striscia la Notizia, visto che le tv di stato che dovrebbero fare servizio pubblico e occuparsi di queste tragedie, sono invece impegnate con primarie, ricerca di talent e amenitá varie.
Non é possibile che nel 2017 centinaia di famiglie vivano nell´incuria e nel degrado, nella sporcizia e nell´abbandono totale. Colpa naturalmente di chi é preposto ad evitare che ció accada( le istituzioni, comune, cittá metropolitana e regione) ma colpa anche di chi vi abita e vi ha fatto ormai l´abitudine.
E non é una provocazione se arrivo a dire quello che il titolo sintetizza: se guardassero queste immagini in quei paesi da dove quotidianamente si fugge per abbandonare guerre e povertá, fame e malattie, ebbene se le tv dei paesi africani interessati da questo esodo, ma anche nei paesi dell´est europa o della Siria e dell´Iraq, trasmettessero le immagini della Ciambra di Gioia Tauro, credo che quei disgraziati prima di salire su un barcone con destinazione Italia ci penserebbero non una ma cento volte.


mercoledì 17 maggio 2017

VISIONE DEL 13 MAGGIO : TERESA SCOPELLITI " VEDE " LA MADONNA A MEDJUGORIE




Visione in trasferta questo mese per la veggente Teresa Scopelliti. Per una volta,infatti, la Madonna ha deciso di apparire non a Quarantano ma in Croazia, nella cittadina di Medjugorie, ormai visitata da milioni di pellegrini ogni anno. Teresa Scopelliti, assistita da Lodovico Pedone, si é comunque collegata in diretta con i fedeli che si trovavano in preghiera a Quarantano e come ogni 13 del mese ha comunicato anche a loro il messaggio ricevuto.


mercoledì 10 maggio 2017

OTELLO PROFAZIO PRESENTA IL SUO ULTIMO LAVORO : " L´OROLOGIO DELLA PASSIONE "

In occasione della santa Pasqua, Otello Profazio ha presentato presso la Sala Vescovile della Comunitá il suo ultimo lavoro dal titolo " L´orologio della Passione ". Il CD, che comprende una decina di brani, é il frutto di un lavoro di ricerca e riscoperta delle tradizioni che da sempre hanno contraddistinto le opere di Otello Profazio e vede la luce a distanza di trent´anni da quando l´idea era stata partorita.
Otello Profazio ha presentato il suo lavoro in 8 diverse localitá della Calabria e della Sicilia concludendo il suo breve tour a Oppido ospite del Vescovo della Diocesi.
Al termine della serata Otello ha rilasciato una breve intervista a Franco Negrini presso gli studi di Mamertinawebtv . Al termine della chiacchierata ascolteremo alcuni brani cantati da Otello nel corso della serata ed  una poesia in suo onore, composta per l´occasione dal mastro cantatore Ciccio Epifanio.




martedì 9 maggio 2017

QUARTIERE CIAMBRA DI GIOIA TAURO: VERGOGNA DI CALABRIA

E´una situazione vecchia di anni quella che che ha reso il rione Ciambra di Gioia Tauro un posto maledetto da Dio e dagli uomini. E se oggi se ne parla a livello nazionale é grazie all´interessamento di Antonio Marziale, garante regionale per l´infanzia, che ha coinvolto il tg satirico Striscia la Notizia, visto che le tv di stato che dovrebbero fare servizio pubblico e occuparsi di queste tragedie, sono invece impegnate con primarie, ricerca di talent e amenitá varie.
Non é possibile che nel 2017 centinaia di famiglie vivano nell´incuria e nel degrado, nella sporcizia e nell´abbandono totale. Colpa naturalmente di chi é preposto ad evitare che ció accada( le istituzioni, comune, cittá metropolitana e regione) ma colpa anche di chi vi abita e vi ha fatto ormai l´abitudine.
E non é una provocazione se arrivo a dire quello che il titolo sintetizza: se guardassero queste immagini in quei paesi da dove quotidianamente si fugge per abbandonare guerre e povertá, fame e malattie, ebbene se le tv dei paesi africani interessati da questo esodo, ma anche nei paesi dell´est europa o della Siria e dell´Iraq, trasmettessero le immagini della Ciambra di Gioia Tauro, credo che quei disgraziati prima di salire su un barcone con destinazione Italia ci penserebbero non una ma cento volte.


giovedì 4 maggio 2017

IL DIALETTO CALABRESE É UNA LINGUA ? SI O NO ? NE ABBIAMO DISCUSSO, CANTATO E SUONATO, A CIALTRONI IN SALOTTO

Una puntata speciale quella del Primo Maggio registrata insieme ad altri amici nel salotto di Mamertinawebtv.  Abbiamo discusso, tra il serio ed il faceto, con Ciccio Epifanio, Peppe Grillo e Salvatore Rugolo dell´importanza del dialetto calabrese.E del suo essere Lingua. In regia Emiliano Chillico. Buona visione.

martedì 18 aprile 2017

PROCESSIONI SHOCK IN CALABRIA E SICILIA: A VIBO SI ROMPE LA STATUA DELLA MADONNA A ENNA SI ROMPE IL CROCEFISSO


Riti della settimana santa finiti in tragedia( almeno per i credenti) a Pizzoni, in provincia di Vibo Valentia ed a Barrafranca in provincia di Enna.
Nel primo caso, come documentano le immagini,  durante la tradizionale Affruntata della domenica di Pasqua, forse per uno scossone di troppo o forse per la vetustá, l´antica statua della Madonna si é spezzata in due provocando sconcerto ed emozione tra le centinaia di persone che erano accorse per assistere al rito.  In molti hanno interpretato l´episodio come un cattivo presagio.






E di cattivo presagio si parla anche a Barrafranca, cittadina in provincia di enna, dove nel corso della processione del venerdí santo, il Crocefisso, la Spera come viene chiamata in dialetto siciliano, ha urtato un cavo telefonico e si é spezzato in due. Ma piú che di cattivo presagio, qui la colpa é tutta degli uomini che seguivano, come traditione, la vara. Secondo la tradizione, infatti, i migliori auspici arrivano solo se durante la processione si sta sotto il " fercolo ". " In quel punto, ha commentato il sindaco, tutti volevano stare sotto e il fercolo, tornando indietro, ha colpito il cavo nel punto piú basso ".






A questo punto a noi non rimane che tranquillizzare gli abitanti di Pizzoni e Barrafranca nonché tutti voi che ci leggete sparsi per il mondo, dicendo che episodi del genere si ripetono quasi tutti gli anni senza che nei posti dove il fatto é avvenuto siano successe delle tragedie.
Concludiamo questa rubrica dedicata ai riti della settimana santa con un video registrato a Sulmona, in provincia dell´Aquila, dove si celebra una processione del venerdí santo veramente unica e spettacolare.


sabato 15 aprile 2017

" A FFRUNTATA " DELLA DOMENICA DI PASQUA






L'affruntata (incontro in calabrese) è una rappresentazione religiosa che si tiene nei comuni delle province di Reggio CalabriaVibo Valentia e nella parte meridionale della provincia di Catanzaro, dove è conosciuta anche con il nome di Cunfrunta, nel periodo di Pasqua. È di carattere prettamente popolare, con origini pagane.
La manifestazione si svolge per le strade e nelle piazze dei comuni, dove tre statue (raffiguranti Maria AddolorataGesù e san Giovanni) vengono trasportate a spalla, da quattro portatori per statua, per simboleggiare l'incontro dopo la resurrezione di Cristo. Essa viene preparata e provata a lungo in precedenza.
L'affruntata è inscenata anche in altri comuni d'Italia e all'estero, ad esempio a Toronto in Canada, dove le comunità di emigrati hanno deciso di mantenere le tradizioni dei paesi d'origine.
Nel filmato che abbiamo scelto per voi vedremo A ffruntata dello scorso anno a Bagnara Calabra.
Altre importanti celebrazioni sará possibile vederle a Rizziconi, Cinquefrondi, Bovalino, Cittanova,San Giorgio Morgeto, Siderno e Giffone in provincia di Reggio Calabria; 
Vibo Valentia,Pizzo Calabro,Briatico,Sant´Onofrio e Stefanaconi in provincia di Vibo;

Soverato, Guardavalle e Chiaravalle in provincia di Catanzaro.


" QUI C´É UNA MAMMA CHE PIANGE SUO FIGLIO UCCISO " - IL MONITO DEL COLONNELLO SCAFURI IN CHIESA








Alzando sull’altare come bandiera di battaglia la foto di un brigadiere assassinato, non ha sfidato solo la ’ndrangheta, che sarebbe cosa normale per un colonnello dei carabinieri. No, l’altra mattina Giancarlo Scafuri, comandante provinciale dell’Arma a Reggio Calabria, ha sferzato l’ignavia della cosiddetta società civile, di quei bravi cittadini che la ’ndrangheta nemmeno la nominano e, per quieto vivere, chinano sempre il capo. «Non abbiate paura di dirla, questa parola, ’ndrangheta: oggi qui non l’ha detta nessuno, caro don Aldo!», ha tuonato il colonnello, lanciando un’occhiata al cappellano militare che aveva appena concluso l’omelia nella chiesa Matrice di Cittanova, ai piedi dell’Aspromonte. «E insegnatelo ai ragazzi, cos’è la ’ndrangheta: un tumore maligno!».

......Lo sapeva benissimo Rosario Iozia, ucciso dai mafiosi a 25 anni, il 10 aprile 1987: il brigadiere che, trent’anni dopo, è stato commemorato a Cittanova l’altra mattina. Comandante della squadriglia antisequestri, non era neppure in servizio quando si mise a inseguire latitanti in fuga che reagirono freddandolo con due colpi di lupara. La sua foto di eroe ragazzino era dunque l’altro ieri sull’altare della chiesa Matrice, davanti a mamma Anna e ai parenti, a sindaci e politici della provincia, e soprattutto davanti agli studenti di Cittanova venuti in massa coi loro professori. Scelta civile assai opportuna, questa, ma forse mortificata dal silenzio su quella parola maledetta: ’ndrangheta......

Goffredo Buccini corriere.it




venerdì 14 aprile 2017

DA QUARANTANO DI OPPIDO IL NUOVO MESSAGGIO DELLA " MADONNA " A TERESA SCOPELLITI




Ancora tanta gente in contrada Quarantano di Oppido per la  presunta apparizione della Madonna a Teresa Scopelliti datata 13 aprile 2017.
Sono ormai piú di due anni che molti fedeli si riuniscono in questo luogo quasi disabitato per pregare e ascoltare il messaggio che puntualmente, il 13 di ogni mese, la veggente di Reggio Calabria asserisce di ricevere dalla bocca della madre di Cristo.
Mamertinawebtv vi ripropone come sempre i riflessi filmati come puro fatto di cronaca e lascia ad ognuno di voi il compito di giudicare.

giovedì 13 aprile 2017

IL CARACOLO DEL SABATO SANTO A CAULONIA









Il Caracolo (parola forse derivante dal termine arabo karhara, che indica il girare o il ruotare), si svolge a Caulonia(RC) dopo tanti giorni di preghiera intensa, il sabato santo, ed esso ricorda la processione tipica della Murcia, una delle diciassette comunità autonome della Spagna, posizionata nella parte sud-orientale della nazione, tra Andalusia e Valencia, sulla costa del Mar Meditarreneo. In effetti, così come accade in Spagna, anche a Caulonia, in una strana atmosfera di cupo raccoglimento, per le vie cittadine, si snoda un’originale processione. Le due (nella Murcia ce ne sono molte di più)  arciconfraternite di Caulonia, con i propri confratelli vestiti di saio bianco e incappucciati, con una corona di spine sul capo, si incontrano in una zona del paese, "U  Buveri", dalla quale unitamente si dipartono per percorrere le principali vie di Caulonia, accompagnate da una folla mesta ed orante, a lume di fiaccole al vento. «Questa processione, consiste in un’attenta meditazione sulla Passione di Gesù Cristo e le statue che solennemente vengono portate in "giro" per il paese raffigurano gli ultimi momenti della vita terrena del figlio di Dio – ha spiegato il parroco cittadino, – tant’è che il Cristo all'orto, il Cristo alla colonna, l'Ecce Homo, il Cristo carico della croce, il Crocifisso, il Cristo deposto dalla croce, la Vergine Addolorata e San Giovanni, sono le figure emblematiche del Caracolo». Dopo una lunga sfilata, il corteo giunge a piazza Mese, su cui si affaccia la sua meta, la chiesa Matrice, centro del culto locale. L'attraversamento di piazza Mese richiede circa un’ora e dà luogo ad una serpentina, scandita e programmata, alla quale prendono parte, preceduti dalla banda, statue, fedeli, confratelli aste, stendardi, croci e pennoni. Dopo l'ingresso in chiesa, il corteo si ricompone nella piazza, riattraversa una parte del paese ed, arrivato in via Vincenzo Niutta (il Ministro dell’epoca Cavour che proclamò l’unità d’Italia), si divide riformando i due gruppi che all'inizio l'avevano composto, ognuno dei quali fa ritorno alla rispettiva confraternita.

fonte la riviera.it





mercoledì 12 aprile 2017

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA : LA PROCESSIONE DELLE VARETTE A CITTANOVA, SCILLA, AMANTEA E CASSANO




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A Cassano si snoda dalla Cattedrale per le vie del paese la suggestiva processione della " Varette ".

Azione culminante di tutta la ritualità che segna la Settimana Santa a Cassano Ionio in Calabria è la Processione dei misteri, che si snoda il Venerdì Santo, con un lungo e tortuoso percorso per le strade dell'antico centro storico, dalle nove del mattino alle sette di sera.
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Cassano: processione delle Varette

A Cittanova la processione si caratterizza dalla portata a spalla delle “varette” che rappresentano i momenti più significativi della morte e del sacrificio di Gesù Cristo. E’una processione ricca di devozione che coinvolge tutto il territorio pianigiano. Si contano moltissimi “ attori”, dai bambini vestiti in mini abito talare, ai ragazzi, agli adulti che appunto trasportano le sculture.
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Varette di Cittanova

 Le bellissime statue in legno meglio conosciute appunto come “varette” sono opera degli scultori napoletani Francesco e Vincenzo Biangardi che li hanno scolpiti tra il 1865 ed il 1895. Gia nel 1866 il Biangardi consegna i primi quattro gruppi di statue che sono “Cristo all’orto” o “L’orazione nell’orto”, “Cristo alla colonna” o la “Flagellazione”, “Cristo che cade sotto la croce” o “La caduta” e la “Coronazione di spine”.Contemporaneamente gli viene commissionata la “Statua della Pietà”, lavorata su legno di tiglio, esemplare sintesi di pacato dolore contemplativo. Negli anni successivi il Biangardi realizza, su commissione dei vari Priori dell’epoca, la “Statua della Maddalena”, il gruppo della “Deposizione dalla croce”, il gruppo della “Desolata”, “Il Calvario”, il gruppo ”Ecce homo, la Vergine e San Giovanni” e quindi nel 1895 “L’Addolorata”.

Immagine correlata
Cittanova: La Pietá


Ad Amantea  si snoda la processione dei Misteri . Una processione che scende indietro nel tempo per secoli e secoli.
Una tradizione che si ripete nel tempo e racconta di una storia millenaria che  appartiene  a tutti, senza distinzione di sesso, di età, di fede, anche se qualcuno vi assiste dal balcone e qualcuno ne è ancora più lontano.
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Varette di Amantea
E’ la Amantea della gente perbene, che è felice di incontrarsi anno dopo anno in quello che è il momento più intenso della espressività cittadina.
E’ la processione del venerdì santo, la processione delle Varette( le piccole bare), quella alla quale partecipano in tanti e qualcuno ritorna da lontano, anche da molto lontano per poterla vivere intensamente .
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Varette di Amantea
Insieme ai canti delle singole statue, alcuni bellissimi ed antichissimi come lo Stabat Mater ed il Miserere , le diverse divise delle varie confraternite, i più antichi momenti di solidarietà nella città.


Una delle più belle e commoventi tradizioni legate alla Settimana Santa a Scilla é costituita dalla processione delle cosiddette Varette , ossia delle opere scultoree raffiguranti i Misteri Dolorosi del Santo Rosario. La processione  inizia alle primissime ore del pomeriggio del Venerdì Santo, iniziando il suo percorso dalla chiesa di san Rocco e proseguendo per i vicoli di Chianalea, per Marina Grande (i più anziani raccontano che quando ancora non esisteva il lungomare la processione si snoda per le viuzze del rione Spirito Santo che per la loro strettezza consentono il passaggio della statua raffigurante Cristo in Croce, solo se sprovvista di stanghe e trasportata di traverso), arrivando sino a Punta Pacì, luogo rappresentante il Monte Calvario dove, fino a non molti anni fa, esistevano tre Croci ,quella del Cristo al centro, e quelle dei due ladroni ai lati. La processione un tempo si apriva con un crocifisso portato a cambio da due persone (erano suocero e genero) che indossavano un camice bianco ed una mantellina di colore viola. 
Varette di scilla anni 50