
Francesco Prestia Lamberti
Commozione. Oltre 4 ore di profonda, intensa, straripante commozione. E dignità, tanta dignità, la dignità di una famiglia chiusa in un dolore sordo, inconcepibile, inaccettabile, inarrivabile. E la comunità di Mileto l’ha voluto sottolineare, con la presenza, con l’affetto, con gli applausi, con le lacrime. L’ultimo saluto a Francesco Prestia Lamberti, ucciso, secondo quanto confessato dallo stesso presunto killer, a quindici anni da quello che doveva essere un amico, l’ultimo saluto a Francesco si tiene in una Basilica Cattedrale che non è sufficiente a contenere la folla presente che, quindi, si riversa nella piazza Giovanni Paolo II, in via Episcopio, nella vicina via Duomo.
A presiedere il rito funebre i parroci di Mileto e delle frazioni Paravati, Comparni e San Giovanni ma non solo loro, sono tanti i sacerdoti che hanno concelebrato il rito, che hanno accompagnato Francesco nel suo ultimo viaggio. Ma più di tutti don Salvatore Cugliari, parroco della Santissima Trinità, che si è assunto la responsabilità dell’omelia, un’omelia difficile in un momento di dolore collettivo grande, immenso. «Forse il silenzio - esordisce don Cugliari - sarebbe stato più adeguato come segno di rispetto per il dolore e la gravità di quanto accaduto», ma in un momento come questo occorre affidarsi alla consolazione di Dio perché «il vangelo ha una potenza consolatoria che nessuna altra parola umana ha».
Il sacerdote, confessando come «in queste splendide giornate di primavera pesa sul nostro cuore la cappa di questa tragedia», richiama i fedeli al messaggio forse centrale di tutto il cristianesimo ossia il nuovo comandamento dettato ai discepoli da Gesù: «Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Gesù è morto innocente e a noi chiede che il modello della nostra vita sia il suo modo di amare, sfidando ogni odio, vincendo il male con la forza dell’amore. Credo - aggiunge - che questo sia anche il messaggio che possiamo attingere dalla morte di Francesco: ha amato, ha creduto nell’amicizia, ha guardato alla vita con uno sguardo solare».
«Non basti, non ci appaghi commemorare Francesco con una scritta o con un messaggio sui social network. Impariamo ad amare, ad amare veramente. Siamo troppo spinti a vivere e a seguire emozioni momentanee, fino a volere una vita spericolata». Senza dimenticare, però, le responsabilità degli adulti: «Rinunciando alla nostra responsabilità educativa gli esiti sono la degenerazione, il disagio di vivere e di convivere, e purtroppo qualche volta la morte. La morte di Francesco - invita a riflettere il presbitero - sia un richiamo alla responsabilità di tornare ad educare, responsabilità che tocca la famiglia in primo luogo, la scuola, la chiesa, lo Stato. Si resta con troppa indifferenza e con un senso di rinuncia davanti a fenomeni che inquinano il nostro modo di vivere sociale».
E concludendo con la citazione dell’epilogo de I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, don Cugliari rivolge il suo saluto a Francesco: «Sì, Francesco, tu oggi ci unisci e dinnanzi a te ci vogliamo impegnare perché il tuo ricordo ci renda migliori». Dopo la conclusione del rito e la manifestazione di cordoglio alla famiglia da parte delle migliaia di persone presenti, il feretro di “Ciccio” il capitano, con la sua maglia della squadra di calcio del Mileto in cui giocava poggiata sopra, esce dalla Basilica Cattedrale. Ad attenderlo ci sono tutti gli amici che fanno volare in alto palloncini bianchi e blu e rendono omaggio, leggendo alcuni messaggi, al compagno di una vita strappato a chi lo amava troppo presto, il saluto finale prima dell’ultimo pezzo di viaggio verso il luogo di sepoltura a Paravati. Non prima, però, di ricevere ancora una volta quel lungo, commosso ed emozionante applauso con cui la comunità di Mileto ha voluto dirgli: “Ciao Francesco”.
Fonte:Franco Ridolfi per il Quotidianodelsud.it
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