venerdì 16 giugno 2017

IN QUESTA LETTERA LE SBALORDITIVE PAROLE DI UN SACERDOTE DELLA LOCRIDE CONTRO LE ISTITUZIONI


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Mi chiedevo cosa abbia fatto scaturire questa iniziativa( una fiaccolata a favore dell´ospedale di Locri,ndr.), che pare del tutto lodevole. A volte  non so se viviamo nella realtá  o giochiamo a vivere sulla pelle degli altri. Ora questa iniziativa che avete ritenuto opportuno organizzare insieme al Vescovo( quindi la chiesa come istituzione locale) mi fa pensare - e lo dico - che lascerá il tempo che trova. Perché dico questo, ve lo spiego subito: quando la prima volta ne ho parlato come Cittadino Sacerdote, sono state le "istituzioni stesse" a dirmi " é tempo perso, abbiamo giá fatto una fiaccolata e cosa abbiamo risolto? Nulla ".
Quindi mi viene da pensare che sará l´ennesima perdita di tempo.......
Ma non vi rendete conto che la gente non ha piú fiducia? Ma chi se ne importa di veder sfilare le istituzioni quando il problema rimane sempre com´é rimasto.
Sappiamo benissimo, e voi piú di ogni altro, che il problema non lo si vuole risolvere, l´ospedale non lo si vuole far funzionare,perché c´é un giro talmente sporco intriso anche di malavita, che non permetterá mai che il problema si risolva. Chi sfilerá portando quella fascia tricolore rappresenta il popolo, ma non so quanto questo popolo si senta da egli rappresentato.......
Io, carissime istituzioni farei un gesto piú forte.......Ditelo allo Stato: " Noi istituzioni locali se entro un termine ben preciso non  vedremo attivarsi e questo  unico e solo Ospedale, CONSEGNEREMO TUTTI LE FASCE AL PREFETTO.
Si é parlato troppo e solo promesse sono state fatte.mai fatti. In questo posto non comanda lo Stato perché non c´é, sennó é inammisibile che nessuno - ma proprio nessuno - intervenga.
In questo posto non si progredisce perché vogliono mangiare sempre gli stessi.
dicevano gli antichi : " U PISCI PUZZA DA TESTA ".........

don Antonio Magnoli, sacerdote della Diocesi di Locri-Gerace



Il testo integrale della lettera su InAspromonte.it

martedì 13 giugno 2017

IL FIAMMIFERO DI ACRI PRENDE 258 VOTI E RISCHIA DI DIVENTARE CONSIGLIERE COMUNALE




ACRI Ha avuto 258 preferenze, Angelo Cofone, il candidato consigliere comunale di Acri, diventato una star sui sociali per il video di un comizio scandito da alcune gaffe e da una seria difficoltà nella lettura. "Frosparo" (ovvero fiammifero, per i suoi capelli rossi) come è chiamato Angelo Cofone, è stato il terzo più votato della sua lista. Ad Acri si andrà al ballottaggio domenica 25 giugno tra Pino Capalbo e Anna Vigliaturo, la candidata a sindaco sostenuta da Cofone. 

fonte:corrieredellacalabria.it

domenica 11 giugno 2017

IN CALABRIA LA SPAZZATURA SI BUTTA PER STRADA E A SIDERNO LO SI INSEGNA ANCHE AI BAMBINI - 3 VIDEO

I carabinieri della compagnia di Locri hanno prestato negli ultimi giorni particolare attenzione a quello che è diventato un vero e proprio fenomeno di inciviltà urbana. Sia chiaro, non è un fenomeno limitato a Locri o Siderno, ma è qualcosa di largamente diffuso in gran parte del territorio calabrese e del sud Italia.Parliamo dell abbandono dei rifiuti solidi urbani non pericolosi, la comune spazzatura.Ebbene nonostante la raccolta porta a porta che ormai quasi tutti i comuni adottano o il ritiro gratuito di rifiuti ingombranti, il vizio, il gusto o l abitudine di buttare la spazzatura per strada sembra albergare ancora nel cuore di molti corregionali. Per cercare di mettere un freno a questa dilagante meleducazione, i carabinieri di Siderno hanno piazzato delle telecamere in prossimità di piazza del Mercato e via Ghandi cogliendo sul fatto gli incivili trasgressori. Per loro denuncia e multa salata.

Video n. 1


Video n. 2

 Video n. 3
In questo filmato una mamma lascia che siano i due piccoli di casa a lanciare la spazzatura !





sabato 10 giugno 2017

ARRESTATO IN BRASILE IL BOSS VINCENZO MACRI REFERENTE IN SUD AMERICA DEI CLAN DI SIDERNO


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Si era spostato da Caracas a San Paolo del Brasile per risolvere qualche problema interno all’organizzazione, ma la “trasferta” gli è stata fatale nonostante gli inappuntabili falsi documenti con cui viaggiava. È finita la latitanza di Vincenzo Macrì, 52 anni, figlio dello "zi ‘Ntoni Macrì", storico capo della ‘ndrangheta reggina, conosciuto anche come boss dei due mondi.
L’ARRESTO Il cinquantaduenne, che si presentava come l’italo-venezuelano Angelo Di Giacomo, è stato fermato ieri all’aeroporto internazionale di Guarulhos a San Paolo del Brasile, dalla Policia Federal brasiliana e dell’Interpol, all’esito di un’indagine della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma, coordinata dalla Dda guidata da Federico Cafiero de Raho.
EREDITA’ Legato al clan Commisso, ma considerato uno dei principali broker della droga per tutti i clan del mandamento jonico, è considerato un pezzo da novanta nel mondo del narcotraffico. Sebbene non abbia mai raggiunto la caratura criminale del padre, considerato il vertice della ‘ndrangheta reggina prima di venire spodestato nel corso della prima guerra di mafia degli anni Settanta, il boss si è ritagliato un ruolo chiave nell’acquisto all’ingrosso delle grandi partite di cocaina e nella logistica delle spedizioni in Italia.
IL “SECONDO LAVORO” DEL FIORISTA Ufficialmente semplice fiorista con residenza ad Aalsmeer, in Olanda, e interessi nel viterbese, in realtà – sostengono gli investigatori – è da lì che Macrì, insieme al cognato Vincenzo Crupi, ha curato acquisto, spedizione e sdoganamento in tutta Europa di giganteschi carichi di cocaina. Ma non solo. Per sangue e per rango, è sempre stato lui uno degli incaricati del monitoraggio degli equilibri criminali in Canada, dove i clan di Siderno hanno messo radici da oltre un secolo e il padre ‘Ntoni ha costruito un pezzo importante della propria fortuna.
L’AVAMPOSTO CANADESE Proprio grazie a quegli insediamenti oltreoceano, è nato – e per anni ha prosperato -  il Siderno Group, potentissimo cartello criminale cucito insieme dal boss ‘Ntoni Macrì, insieme ai capi di Cosa Nostra americana Frank Costello e Albert Anastacia, che ha gestito droga, gioco d'azzardo ed estorsioni in diversi Paesi e tre continenti diversi. E su quelle famiglie canadesi, anche Vincenzo Macrì, ha continuato a vigilare insieme a Cosimo e Angelo Figliomeni, formalmente residenti in Canada ma di fatto latitanti, e Giuseppe e Antonio Coluccio, entrambi arrestati e finiti in carcere negli anni scorsi.
LA NUOVA VITA DA ANGELO DI GIACOMO Un’attività di monitoraggio che – secondo quanto emerge dalle indagini – Macrì ha regolarmente svolto quando stava in Europa e cui non ha rinunciato quando è stato obbligato a trasferirsi oltreoceano. Dopo l’operazione Acero-Krupy, che ha fatto finire in manette il cognato Vincenzo Crupi, il boss ha capito che l’aria era diventata pesante per lui, e si è trasferito in Venezuela, dove è diventato Angelo Di Giacomo. Ma neanche il cambio di identità lo ha salvato. Dopo due anni di indagini, è stato rintracciato e ieri la sua latitanza è finita. 
MINNITI: LAVORO STRAORDINARIO DELLA POLIZIA Il ministro dell'interno, Marco Minniti, ha telefonato al Capo della Polizia, Franco Gabrielli per complimentarsi dell'operazione, coordinata dalla Procura Antimafia di Reggio Calabria ed eseguita dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dalla Polizia brasiliana con il raccordo del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e dall'Interpol, che ha portato all'arresto, in Brasile, di Vincenzo Macrì, esponente di spicco della cosca della 'ndrangheta Commisso, operante a Siderno, e inserito nell'elenco dei latitanti più pericolosi. «L'arresto di Vincenzo Macrì - ha commentato il ministro Minniti - è un'altra importantissima operazione contro la 'ndrangheta che si aggiunge agli arresti di altri pericolosi latitanti operati di recente dal lavoro straordinario delle Forze di Polizia».
BINDI: CONTRO CRIMINALITÀ SERVE COOPERAZIONE «La cattura di Vincenzo Macrì, esponente di spicco della cosca Comisso, in Brasile – commenta la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi – è un risultato straordinario. Si tratta di una ulteriore prova della determinazione con cui le nostre istituzioni combattono la ‘ndrangheta e non danno tregua ai suoi latitanti. L'operazione è anche una conferma dell'importanza di sviluppare e rafforzare la cooperazione internazionale contro la criminalità organizzata, in particolare la ndrangheta proiettata con i suoi traffici illeciti in tutto il mondo. Ringrazio – conclude Bindi – gli uomini della Polizia di Stato e dello Sco, la squadra mobile di Reggio Calabria e la Dda reggina che ha coordinato le indagini, per la professionalità e la qualità investigativa dimostrata anche in questa operazione».
                
Fonte:Alessia Candito corrierecal.it

sabato 3 giugno 2017

MILETO: IN MIGLIAIA AI FUNERALI DI FRANCESCO UCCISO A 15 ANNI DA CHI CONSIDERAVA UN AMICO



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Francesco Prestia Lamberti


Commozione. Oltre 4 ore di profonda, intensa, straripante commozione. E dignità, tanta dignità, la dignità di una famiglia chiusa in un dolore sordo, inconcepibile, inaccettabile, inarrivabile. E la comunità di Mileto l’ha voluto sottolineare, con la presenza, con l’affetto, con gli applausi, con le lacrime. L’ultimo saluto a Francesco Prestia Lamberti, ucciso, secondo quanto confessato dallo stesso presunto killer, a quindici anni da quello che doveva essere un amico, l’ultimo saluto a Francesco si tiene in una Basilica Cattedrale che non è sufficiente a contenere la folla presente che, quindi, si riversa nella piazza Giovanni Paolo II, in via Episcopio, nella vicina via Duomo.
A presiedere il rito funebre i parroci di Mileto e delle frazioni Paravati, Comparni e San Giovanni ma non solo loro, sono tanti i sacerdoti che hanno concelebrato il rito, che hanno accompagnato Francesco nel suo ultimo viaggio. Ma più di tutti don Salvatore Cugliari, parroco della Santissima Trinità, che si è assunto la responsabilità dell’omelia, un’omelia difficile in un momento di dolore collettivo grande, immenso. «Forse il silenzio - esordisce don Cugliari - sarebbe stato più adeguato come segno di rispetto per il dolore e la gravità di quanto accaduto», ma in un momento come questo occorre affidarsi alla consolazione di Dio perché «il vangelo ha una potenza consolatoria che nessuna altra parola umana ha».
Il sacerdote, confessando come «in queste splendide giornate di primavera pesa sul nostro cuore la cappa di questa tragedia», richiama i fedeli al messaggio forse centrale di tutto il cristianesimo ossia il nuovo comandamento dettato ai discepoli da Gesù: «Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Gesù è morto innocente e a noi chiede che il modello della nostra vita sia il suo modo di amare, sfidando ogni odio, vincendo il male con la forza dell’amore. Credo - aggiunge - che questo sia anche il messaggio che possiamo attingere dalla morte di Francesco: ha amato, ha creduto nell’amicizia, ha guardato alla vita con uno sguardo solare».
«Non basti, non ci appaghi commemorare Francesco con una scritta o con un messaggio sui social network. Impariamo ad amare, ad amare veramente. Siamo troppo spinti a vivere e a seguire emozioni momentanee, fino a volere una vita spericolata». Senza dimenticare, però, le responsabilità degli adulti: «Rinunciando alla nostra responsabilità educativa gli esiti sono la degenerazione, il disagio di vivere e di convivere, e purtroppo qualche volta la morte. La morte di Francesco - invita a riflettere il presbitero - sia un richiamo alla responsabilità di tornare ad educare, responsabilità che tocca la famiglia in primo luogo, la scuola, la chiesa, lo Stato. Si resta con troppa indifferenza e con un senso di rinuncia davanti a fenomeni che inquinano il nostro modo di vivere sociale».
E concludendo con la citazione dell’epilogo de I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij, don Cugliari rivolge il suo saluto a Francesco: «Sì, Francesco, tu oggi ci unisci e dinnanzi a te ci vogliamo impegnare perché il tuo ricordo ci renda migliori». Dopo la conclusione del rito e la manifestazione di cordoglio alla famiglia da parte delle migliaia di persone presenti, il feretro di “Ciccio” il capitano, con la sua maglia della squadra di calcio del Mileto in cui giocava poggiata sopra, esce dalla Basilica Cattedrale. Ad attenderlo ci sono tutti gli amici che fanno volare in alto palloncini bianchi e blu e rendono omaggio, leggendo alcuni messaggi, al compagno di una vita strappato a chi lo amava troppo presto, il saluto finale prima dell’ultimo pezzo di viaggio verso il luogo di sepoltura a Paravati. Non prima, però, di ricevere ancora una volta quel lungo, commosso ed emozionante applauso con cui la comunità di Mileto ha voluto dirgli: “Ciao Francesco”. 

Fonte:Franco Ridolfi per il Quotidianodelsud.it

venerdì 2 giugno 2017

ERA LATITANTE DA 24 ANNI : ARRESTATO A SAN LUCA GIUSEPPE GIORGI. E I VICINI GLI BACIANO LE MANI





REGGIO CALABRIA C’è chi si precipita a baciargli le mani, chi guarda i carabinieri che lo portano via con rabbia, chi piange come se salutasse un morto. Sono in tanti quelli che questa mattina si sono radunati attorno alla casa – fortezza dei Romeo “Staccu” da cui è uscito con le manette ai polsi Giuseppe Giorgi, storico boss di San Luca, questa notte scovato dai carabinieri del Reparto operativo e dello Squadrone cacciatori dopo oltre 23 anni di latitanza. 
PALMO A PALMO Un capo vero, tuttora operativo, che per sfuggire alla cattura si è nascosto come un topo in un vano segreto, ricavato dietro il camino. Invano. Questa notte i carabinieri erano certi che fosse lì. Per questo per oltre sei ore hanno perlustrato il palazzotto di famiglia palmo a palmo, cercando nelle case, nelle stanze, nelle cantine e nelle soffitte e poi persino dentro i muri. Dai vani nascosti dietro le pareti, sono saltati fuori oltre 156mila euro in banconote di grosso taglio e ordinatamente divisi in bustine impermeabili. Da dietro il camino della cucina della casa della figlia è saltato fuori il latitante. 
MURATO NELLA PARETE Quando ha sentito che i carabinieri stavano iniziando a rompere la parete vicino al camino, il boss ha gridato per farsi sentire. «Basta, basta, sono qua, mi avete trovato». Aperta la botola nascosta alla base, di fronte agli investigatori si è aperto uno strettissimo tunnel, cui si accedeva solo strisciando, che permetteva di accedere a un piccolo spazio ricavato tra il camino e la parete esterna del palazzo. «Era praticamente murato all’interno della parete» ha spiegato il comandante del reparto operativo, Vincenzo Franzese, che questa notte ha coordinato il blitz. 
COMPLIMENTI AI CARABINIERI Giorgi è uscito piano dal nascondiglio. Prima un piede nudo, poi una gamba, infine con prudenza il resto del corpo. Il blitz dei carabinieri lo ha sorpreso mentre dormiva, perché il boss non era armato ed era ancora in pigiama. «State tranquille – ha ordinato alle figlie – prima o poi doveva succedere». Ai carabinieri invece ha fatto i complimenti. «Ci siete riusciti, bravi». 
INDAGINE TECNICA Al boss, gli investigatori sono arrivati grazie ad un’indagine durata meno di otto mesi. Nell’ottobre scorso, con la Dda si è deciso di avviare una ricerca mirata, con l’obiettivo di catturarlo. E da lì sono partiti, servizi di osservazione, pedinamenti, intercettazioni ad ampio raggio su familiari, amici e collaboratori più stretti, a partire da una consapevolezza: un capo non vuole e non può allontanarsi per troppo tempo dal proprio feudo. Una regola aurea della ‘ndrangheta, cui Giorgi non si è sottratto. E che lo ha condannato. 
NESSUNA COLLABORAZIONE CON LA ‘NDRANGHETA «In quest’operazione non ci sono stati confidenti, noi non vogliamo alcun rapporto con la criminalità - ha detto il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho -. La ‘ndrangheta deve capire che non c’è margine di collaborazione con lo Stato, deve solo rassegnarsi a deporre le armi. I figli di ‘ndrangheta devono capire che alla fine ci sono solo due possibilità, l’arresto o la morte violenta in un conflitto con altri clan». Ai cittadini invece, Cafiero de Raho si è rivolto ancora una volta con l’appello ad avere maggior fiducia nelle istituzioni. 
L'APPELLO «Questa – gli ha fatto eco il comandante provinciale dei carabinieri, Giancarlo Scafuri – è una terra che merita di più. I calabresi meritano di essere più coraggiosi e devono imparare ad avere maggiore fiducia nelle istituzioni». Da cui – ha voluto evidenziare il generale Vincenzo Paticchio, comandante della legione Calabria – stanno arrivando risposte concrete. «Festeggiare l'anniversario della Repubblica con l'arresto di Giorgi - ha detto il generale – è un grande onore per tutti noi. Restiamo fermamente impegnati nel perseguire l'obiettivo di garantire la legalità in questa provincia e in questa regione».

Fonte: Alessia Candito per corrieredellacalabria.it

giovedì 1 giugno 2017

IL RISORGIMENTO VISTO DAL SUD - NE DISCUTONO CANTANDO E LEGGENDO I CIALTRONI IN SALOTTO



" DICITIMI É O NON É NU FATTU STRANU ? NASCÍA IN SICILIA E SUGNU ITALIANU " !!

Cominciava cosí uno stornello popolare di fine 800 che Otello Profazio ha riportato alla luce con la canzone Fatto Strano. Ed é proprio in questo interrogativo, che potrebbe essere anche una imprecazione, che é racchiuso il sentimento che il popolo del sud, in primis quello siciliano, sentiva ed esprimeva allorquando scoprí di non appartenere piú alla Sicilia ma all´Italia.
Ed é da qui che i Cialtroni in Salotto partono per una breve analisi sul Risorgimento Italiano, senza nessuna velleitá revisionistica, ma cercando tra le righe della storia eventuali tradimenti, persecuzioni o imbrogli subiti dal Sud durante il processo di unificazione nazionale.