mercoledì 30 novembre 2016

"IL MALE ? É QUI IN CALABRIA E NOI NON POSSIAMO FAR NULLA. BISOGNA SOLO PREGARE "




LAMEZIA TERME Per una volta si vuole raccontare una Calabria lontana dalle inchieste giudiziarie. Scendere più a fondo, tra la gente, tra chi sente e vive quel “male” che è proprio della nostra terra. Domenico Iannacone ci riprova. Ritorna dopo quasi un anno in quella “terra di nessuno”, dove «tanti sogni potevano nascere e non si sono mai realizzati».
«Qui c'è bisogno e per questo che appare la Madonna» dice un uomo con voce bassa, mentre tutti sono in preghiera. Il momento è importante, è il 13 del mese. Il giorno che tutti aspettano a Quarantano di Oppido Mamertina, perché arriverà Teresa, la mistica che ascolta le parole della Madonna e le riferisce ai fedeli che sono tanti, calabresi ma anche forestieri. Dà speranza, Teresa. «Qui c'è la radice di quel male che parte dalla Calabria, il male della 'ndrangheta. Noi non possiamo fare nulla – continua a ripetere quell'uomo con gli occhi lucidi -. Il Signore va dove c'è più bisogno». Inizia così la narrazione di una Calabria disperata e della fede di molti che hanno bisogno ancora di credere e di sperare in qualcosa di buono che ancora può arrivare.
Il male in Calabria assume tante forme, come «quelle più basse e vigliacche» che non guardano in faccia nessuno. A Santa Venere una ragazza parla calpestando le macerie di quello che rimane di un asilo dato alle fiamme qualche giorno prima. «Era una struttura per ventuno bambini e a breve l'avremmo inaugurata. Invece ora non c'è rimasto nulla». Qui non bastavano le decine di case popolari che nessuno ha assegnato e che ora cadono a pezzi, non basta essere una frazione dimenticata nel cuore della Calabria. Si è voluto colpire anche quel piccolo simbolo innocente, quel segno che lo Stato in quel posto iniziava ad esserci.
Ad Africo Nuovo invece il male ha forse assunto le sembianze di una democrazia mancata per tanti anni. Però mai dire 'ndrangheta. Nessuno la nomina. «Mafia, 'ndrangheta, chi è?» Qui ad Africo si cerca lo Stato. È sua la colpa se manca il lavoro e c'è disoccupazione. «Qui si vive bene e non ci sono problemi. Se dovesse succedere qualcosa, allora io mi schiero contro. Ma fino ad ora.. ». A parlare è Francesco Bruzzaniti, il giovane sindaco eletto nelle ultime elezioni dopo due anni di commissariamento. È il cambiamento, Francesco. La buona notizia che tutti aspettavano perché i commissari che «ti guardavano dall'alto in basso, non hanno portato nulla di buono». Vuole aiutare la sua gente, si schiera dalla loro parte ma invoca lo Stato. Sempre e solo lo Stato. «Noi non possiamo fare nulla, solo lo Stato può».
Africo Nuovo, appunto. Perché c'è anche una parte più vecchia a qualche chilometro di distanza, più lontano e molto diversa da quello che è oggi. L'alluvione del '51 non solo ha spazzato via un paese ma ha cambiato tutto. Anche le persone. «Uno spaesamento che prima di tutto ha colpito l'anima degli abitanti. Qui ad Africo Vecchio la gente era buona, era unita. C'era un mondo con le sue regole e i suoi codici ma tutto è stato spazzato via». Gioacchino Criaco, che conosce quei posti è alla continua ricerca del perché tutto quel bene si sia trasformato in odio. Lui, che quel male lo ha conosciuto da ragazzo, cerca di raccontare con le sue parole questo passaggio. «Ho scritto “Anime nere” per capire le regioni del male e perché è uscito questo fiume di odio da persone che discendevano da una tradizione millenaria di bene».
Da Africo a San Luca il passo è breve. Non si nomina uno senza pensare all'altro. San Luca è il cuore della 'ndrangheta e di quel male che non si riesce a sdradicare. «Alla 'ndrangheta non importa dei calabresi, importa solo di se stessa», dice con convinzione, e con un pizzico di amarezza, chi il male lo combatte e ci si ritrova a fare i conti ogni giorno.
Poi ci sono i sogni, che qui in Calabria il più delle volte finiscono in cenere. A Saline Joniche è andata davvero così, sogni e speranze andati in fumo in una ciminiera altissima. Qui una volta si coltivano gelsomini, la zona era famosa per questo. Ora intorno solo pezzi di ferro e tanta desolazione. Sogni andati in fumo come i miliardi investiti per realizzare la Liquichimica, mai entrata in funzione. All'inizio i numeri facevano ben sperare: 60 miliardi di vecchie lire spesi per la sua costruzione e più di 500 persone che avevano trovato lavoro. E poi più nulla. Francesco era uno degli operai e con emozione ne racconta la storia. Lui che tante volte è salito in cima a quella ciminiera per protestare contro gli sprechi, perché sapeva che quell'impianto poteva rappresentare un riscatto anche contro la 'ndrangheta. Ma alla fine non ha fatto altro che fomentarne la sua forza. Emozione sì, ma anche tanta rabbia. Sono le sensazioni che prova anche a lui a camminare sulle macerie - ancora macerie - su ciò che rimane di una speranza in cui molti avevano creduto. «Ho protestato, sono salito fino in cima, mi sono esposto correndo dei rischi. Ma alla fine me ne sono andato per dare un futuro ai miei figli. Tornare è un colpo, una storia mai digerita». Ora spera che con il nuovo progetto della centrale a carbone non si ripeta la stessa storia, «sarebbe l'ennesima beffa per questa terra».
Ma c'è anche un barlume di speranza e di salvezza, che permette di immaginare dell'altro. Iannacone lo fa attraverso la matita e i disegni di Nick Spatari, il “visionario” che insieme a Hiske Mass a Mammola ha dato vita ad uno dei parchi artistici più belli e più caratteristici della Calabria. «Qui non c'era nulla, solo ruderi abbandonati. Abbiamo iniziato con le nostre mani a sistemare tutto senza arrenderci anche di fronte ai problemi. Sì, perché siamo in Calabria e purtroppo di problemi ce ne sono tanti perché non noi non eravamo legati a nessun tipo di politica. Siamo partiti con una nostra visione di quello che doveva essere». Hiske racconta tutto questo osservando ciò che hanno costruito dal '85 fino ad oggi e che continua a crescere giorno dopo giorno. «E alla fine quello che vedevamo è stato».C'è ancora spazio per un altro piccolo segno di speranza, risalendo la regione e ritrovandoti cose che magari non ti saresti aspettato. Come un'azienda che dal 2011 è riuscita ad assumere più di 200 ragazzi a tempo indeterminato con un'età media di soli 33 anni. Tra i polo innovativi al pari di Tokyo o di Palo Alto, troviamo la Ntt Data di Cosenza. Una realtà unica in Calabria. «Non abbiamo ricevuto finanziamenti, siamo cresciuti un po' alla volta e nei prossimi anni abbiamo ancora la possibilità di assumere ragazzi», spiega chi ha costruito questa piccola isola felice. Un ragazzo mostra una “maglia intelligente”. «Il materiale con cui è stata costruita, collegata ad un dispositivo elettronico, permette di monitorare i parametri vitali di una persona. Abbiamo appena saputo che l'anno prossimo questa maglia sarà utilizzata dalla McLaren in Formula Uno per i suoi piloti e per gli ingegneri dello staff». «Questa maglia? Inventata qui a Cosenza?», chiede stupito Iannacone. «Sì» risponde il ragazzo sorridendo. Una meraviglia, in una terra dove forse qualche sogno può ancora realizzarsi.

martedì 29 novembre 2016

TRAGEDIA AL PORTO DI MESSINA - TRE OPERAI MUOIONO INTOSSICATI IN UNA CISTERNA

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Tre morti, una quarta persona in gravissime condizioni e due feriti. E’ il terribile bilancio sul lavoro avvenuto questo pomeriggio su una nave della Siremar nel porto di Messina. Le vittime hanno perso la vita durante i lavori di manutenzione di una cisterna del traghetto Sansovino, mentre era attraccato al molo San Raineri. Uno dei marinai è morto sulla banchina, gli altri due all’ospedale Papardo e al Policlinico. Tra le vittime c’è un secondo ufficiale ventisettenne, originario di Lipari.
Secondo una prima ricostruzione i marinai stavano effettuando una saldatura all’interno della cisterna, dalla quale si è scatenato un principio d’incendio che ha sprigionato fumi tossici. I marinai sono stati soccorsi dal 118, che ha prestato le prime cure anche a un numero ancora imprecisato di marinai intossicati in modo più lieve. Le indagini sull’incidente sono affidate alla Capitaneria di Porto di Messina mentre la procura di Messina ha aperto un’inchiesta.

lunedì 28 novembre 2016

ACCADE SOLO IN CALABRIA: SI INAUGURA UN REPARTO MA POI NON SI APRE. E INTANTO UN PAZIENTE MUORE A 37 ANNI

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Foto: Il Lametino


La cosa che più dà fastidio, che scrivo all’inizio per non dimenticarla, è che mentre scompaiono gli ospedali di Siderno, di Melito, di Locri ci sono servi che ancora vanno ad applaudire dietro ad un nastro! Ci sono politicanti che ci dicono come votare. E soprattutto, giornalisti che usano l’inchiostro come sostanza liquida per flebo, anziché per scrivere quello che vedono e sentono!
L’avvocato shampoo fresco, sindaco della città del nulla, pregustando (qualora vincesse il Sì) il grande balzo a Palazzo Madama, invece di preoccuparsi dei problemi di Reggio città metropolitana, va in giro, con truppe di chupa chups, a distribuire facsimili del Sì, al toscano!
Si è già dimenticato della commedia, di puro avanspettacolo, inscenata solo pochi giorni addietro ai Riuniti di Reggio Calabria.
Se lui, il presidente della regione Calabria, il ministro venuto da Roma, avessero un po’ di vergogna, dovrebbero lasciare i posti che occupano, proprio nel momento in cui, hanno appurato di un decesso per colpa (forse) di un reparto inaugurato e mai aperto.
Tutta quella fila dietro il nastro, sorridente e festosa, la mattina quando si guarda allo specchio, quando guarda i propri figli in faccia, non prova un poco di vergogna? Ma davvero per fare politica bisogna avere il cuore duro del serial killer, anziché studi e doti umane?
Lei, sindaco di Reggio, ha in comune con la buonanima di suo padre solo il cognome! Lei e quei mangia franco che le stanno attorno, dovreste ritrovare la strada del ritorno e cioè quella dei poveri sconosciuti e disoccupati che eravate, prima di sedervi in posti che non siete in grado, di occupare. Non avete la preparazione, la competenza, gli studi!
Il prestigio, la sapienza e la cultura, purtroppo per lei, non si ereditano né, nel caso del presidente della regione, s’imparano con la militanza secolare nel partito comunista. In questo partito s’imparava la solidarietà, la lotta operaia, la lotta per i diritti di tutti. Ora invece, i cari compagni si sono accorti che il comandare è meglio del fottere. Meglio è, se si comanda e si fotte…pure! Fottere in tutti i significati del termine!
Voi state dando, a vostra insaputa e solo per la gloria personale e la gloria bancaria, l’ultima spallata, quella definitiva, a questa divina Terra che vi siete dimostrati indegni di calpestare, figuriamoci di governare!
Per l’amor di Dio, tornate da dove siete venuti.
Bruno Salvatore Lucisano per InAspromonte.it 


mercoledì 23 novembre 2016

LA CORTE COSTITUZIONALE HA DECISO : WANDA FERRO DEVE FAR PARTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA CALABRIA


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In splendida solitudine Wanda Ferro ha sostenuto e vinto la sua battaglia. In splendida solitudine questo giornale aveva sempre sostenuto che Wanda Ferro era rimasta vittima di un aberrante episodio di brigantaggio politico, aggravato dalla trasversalità dei partecipanti. In splendida solitudine la Corte costituzionale ha bollato d'infamia l'operato dei consiglieri regionali della passata legislatura e censurato per connivenza quello della legislatura attuale. I trenta che oggi siedono a Palazzo Campanella sono stati, tuttavia, graziati dalla perdita della poltrona visto che si è deciso di lasciare in piedi la legislatura anche se ci sono entrati con una legge elettorale incostituzionale.
Ai calabresi viene restituito il maltolto: il furto di democrazia non ha funzionato. Il barbaro mercimonio consumatosi in consiglio regionale nel 2014, laddove si è deciso di lasciar fuori chi aveva raccolto decine di migliaia di voti per ospitare chi invece ancor prima di entrare in Consiglio aveva già svenduto il mandato passando dall'opposizione all'area di governo, è stato smontato e buttato nella pattumiera del politicume.
Non è solo la vittoria di Wanda Ferro: è, soprattutto, l'affermarsi della Legge sulle manipolazioni e sugli incesti dei politicanti. Non è vero che "l'Assemblea è sovrana", come hanno ripetuto tutti e trenta i consiglieri regionali calabresi. Non è vero che un Consiglio nato da una legge elettorale incostituzionale poteva decidere al posto dei calabresi, ribaltandone il voto. Non esistono assemblee che possono stravolgere la legge.
Ecco le ragioni per le quali oggi brindiamo alla vittoria di Wanda Ferro perchè sappiamo di brindare alla vittoria della legalità vilipesa, della democrazia tradita, dell'inciucio elevato a norma elettorale.
Se avessero guardato più alla nobiltà del proprio mandato popolare e non agli interessi inconfessabili di qualche amministrazione periferica, i nostri consiglieri regionali non avrebbero conosciuto l'onta del disonore politico che oggi conoscono. Non c'era bisogno del Tar e neanche della Consulta per capire quello che tutti i calabresi hanno capito subito: Wanda Ferro era stata svenduta per consentire il perpetuarsi di ben altri accordi e di ben altre connivenze. Non doveva essere il Tar e non doveva arrivare la Consulta: era il consiglio regionale a dover sbarrare la strada ai manipolatori della democrazia consegnando, come sempre era avvenuto in precedenza, a Wanda Ferro il mandato che i calabresi gli avevano conferito: capo dell'opposizione. Che ci andassero i Morrone di turno al Tar e alla Consulta, non Wanda Ferro. E invece no. Invece si è preferito infierire sulla supposta debolezza di una donna dignitosa e serena. Ma anche onesta e caparbia. Si è preferito dar di gomito e scambiarsi sorrisetti lasciando isolata e fuori dall'Aula Wanda Ferro.
Vigliaccamente si è preferito scommettere sulla impossibilità della Ferro di resistere a un giudizio lungo e incerto («gli avvocati costano...»); sul suo esser gracile donna davanti ai potentati della politica («il relatore è Amato... capisce le cose della politica»); sul suo isolamento fisico («non ha un partito, non ha amici, gli resta solo lo psicologo...»).
Giorni, mesi, anni di commenti e battutine. Spazzati via da una sentenza che riconcilia con il Diritto e da una donna che ha voluto essere sempre coerente e coerente è rimasta... anche rispetto al cognome che porta.
    Paolo Pollichieni per corrieredellacalabria.it

venerdì 18 novembre 2016

CENTINAIA DI PERSONE A QUARANTANO DI OPPIDO PER L´APPARIZIONE DELLA MADONNA A TERESA SCOPELLITI


Come ogni 13 del mese anche questa volta centinaia di persone hanno affollato il piccolo borgo di Quarantano di Oppido attratti dalla veggente Teresa Scopelliti che asserisce di ricevere dei messaggi da parte della Beata Vergine Maria.
Come ormai accade da piú di 2 anni anche questa volta, dopo la recita del rosario, Teresa Scopelliti si é inginocchiata davanti alla statua della madonna posta in una piccola cripta e nel silenzio generale ha trascritto il presunto messaggio.
Nel corso del pomeriggio numerose sono state le testimonianze di fede da parte dei fedeli giunti da ogni parte della Calabria e della Sicilia.






giovedì 17 novembre 2016

`NDRANGHETA IN AUSTRALIA - UCCISO A SIDNEY IL CALABRESE PASQUALE BARBARO -

Barbaro, 35, was shot and left in a pool of blood in Earlwood, south west of Sydney's CBD, on Monday night - almost a year to the day he survived a bungle attempt on his life in Leichhardt
foto: Daily Mail Australia




 L’anno scorso due inchieste giornalistiche dimostrarono come la ‘ndrangheta dalla Calabria fosse riuscita a infiltrarsi con forza nel paese più lontano dall’Italia, in Australia. Una storia iniziata negli anni ’20 e che vedeva l’associazione criminale già potente negli anni ’70: una storia che continua fino a oggi secondo i media locali anche con omicidi eccellenti. A Sydney Pasquale Barbaro, 35 anni, è stato ucciso “mentre usciva dalla casa di un suo associato”. Gli assassini, secondo le testimonianze raccolte, erano due uomini incappucciati e subito fuggiti. Una esecuzione in pieno stile mafioso secondo gli inquirenti. Che ipotizzano che l’agguato potrebbe rientrare nella guerra fra bande per il controllo del mercato della droga, che vede fra i protagonisti una consolidata ramificazione dell’associazione criminale.
Barbaro era in libertà su cauzione in attesa del processo in dicembre davanti alla Corte Distrettuale di Sydney, per produzione e traffico della droga, dove rischiava una condanna a 20 anni. Il giorno dopo, in un processo per omicidio, in un tribunale di Sydney sarebbe stata ascoltata un’intercettazione di Barbaro che parlava con il boss della temibile banda libanese Brothers for Life. La vittima, che un anno fa era sopravvissuto a un simile agguato, porta lo stesso nome del nonno, ucciso in una simile esecuzione nel 1990. Lo zio, omonimo della vittima, sta scontando 30 anni di carcere per l’importazione nel 2009 della quantità record di 4,4 tonnellate di ecstasy, 15 milioni di pasticche nascoste i 3000 barattoli di pomodori pelati provenienti dal porto di Napoli. Mentre il cugino è stato assassinato a Melbourne nel 2003 insieme al noto boss criminale Jason Moran.
Secondo il giornalista giudiziario Keith Moor vi sono sospetti che Barbaro fosse diventato un informatore della polizia. “Il sospetto è che sia stato ucciso per aver violato il codice di omertà, come è successo con suo nonno nel 1990”, ha detto alla radio nazionale Abc. L’uccisione potrebbe anche essere legata a qualcosa di diverso dalla guerra fra bande. “Era coinvolto in diversi reati fra cui la droga. È ovvio che si sia fatto dei nemici e vi sono stati tentativi di eliminarlo nel passato”.
fonte:ilfattoquotidiano.it/ Mailonline Australia

UN ALTRO SACERDOTE ARRESTATO IN CALABRIA PER PROSTITUZIONE MINORILE E CORRUZIONE


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Foto:Lettera43

VIBO VALENTIA - Tre persone, tra cui un sacerdote di 35 anni, sono state arrestate dalla Squadra mobile di Vibo Valentia perché ritenuti responsabili a vario titolo di prostituzione minorile e corruzione di minorenne.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro, a carico di un uomo di nazionalità bulgara, M.I.; un pensionato, F.A.P., e del sacerdote, Felice La Rosa, ritenuti responsabili, a diverso titolo, della commissione dei reati di prostituzione minorile e corruzione di minorenne aggravati.
Le indagini svolte dalla Squadra Mobile vibonese hanno avuto il via nell'ambito delle attività per l’omicidio di Francesco Fiorillo, avvenuto a Vibo Valentia il 16 dicembre 2015, coordinate dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia.
Nel corso di alcune intercettazioni, avviate nei confronti di persone ritenute vicine alla vittima per individuare gli autori ed il movente del delitto, sono emersi chiari ed incontrovertibili elementi di responsabilità a carico dei tre arrestati, con riguardo ai reati di prostituzione minorile e corruzione di minorenne.
In particolare, il bulgaro M.I. proponeva agli altri le prestazioni sessuali di un quindicenne straniero, chiedendo in cambio un corrispettivo in denaro per entrambi. Dalle intercettazioni telefoniche si ha modo di apprendere, in modo esplicito, che sia P.F.A. che il sacerdote Felice La Rosa hanno accettato la proposta pagando, a fronte delle prestazioni sessuali del ragazzo, la cifra di 50 euro che M.I. e la vittima hanno diviso, rispettivamente, nella misura di 20 e 30 euro a testa.
Le ulteriori indagini, eseguite con il coordinamento della Procura Distrettuale della Repubblica di Catanzaro, competente per il reato di prostituzione minorile, e nello specifico del procuratore capo Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e del sostituto procuratore Debora Rizza, hanno permesso di accertare che M.I., non esitava a coinvolgere nei turpi incontri anche altri minori, allorquando gli si presentava l’occasione. L’operazione è stata denominata “Settimo Cerchio”, mentre i fatti si sono svolti tra Vibo, Mileto e Briatico.
La Rosa era stato parroco di Zungri fino al 2005. Da qualche tempo il vescovo aveva chiesto al sacerdote di fermarsi con l'attività pastorale per seguire alcune vicende familiari. Il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, mons. Luigi Renzo, ha espresso tutto il suo "rammarico ed il profondo dolore per i gravi fatti contestati al sacerdote che hanno portato al provvedimento restrittivo". 
Il vescovo "esprime piena fiducia nella magistratura perché i fatti siano acclarati nella giusta dimensione ed tal fine dichiara la sua piena disponibilità e collaborazione. Ha provveduto a sospendere “a divinis” l’interessato e avvierà immediatamente tutte le procedure previste dal diritto canonico e dalle direttive emanate dalla Santa Sede". Monsignor Luigi Renzo, invita "paternamente la comunità ecclesiale diocesana, ferita dalla notizia, alla preghiera per le persone coinvolte, in primo luogo per le vittime minorenni, cui esprime vicinanza e solidarietà, e per il sacerdote stesso". Quindi l'esortazione alla comunità diocesana "a rimanere salda nella fede, consapevole che solo un cammino di grazia e santità può vincere il male".
Le intercettazioni delle conversazioni tra i tre arrestati sono a "tratti sconcertanti, sia perché non lasciano dubbi sull'argomento trattato ma anche per il modo scurrile in cui ne discutono". E’ quanto hanno ricostruito gli investigatori della Squadra mobile di Vibo Valentia, diretta da Tito Cicero.

Gianluca Prestia per il Quotidiano del Sud.it